Due tra i pianisti migliori al mondo per un gran finale di vacanze
di La Redazione di InTheNet
Ormai non si può più leggere Dostoevskij, andare a teatro a vedere un dramma di Čechov, battersi agli scacchi contro Sergej Kariakin o vedere alle Olimpiadi un atleta russo a meno che non finga di non appartenere più a quel Paese rinunciando alla propria bandiera (il che, in molti Paesi, sarebbe quasi vilipendio…). La tregua olimpica come lo stringersi la mano tra vincitori e vinti sono ormai ricordi del passato, e l’Occidente – che non sa più cosa sanzionare o censurare – non ci permette nemmeno di ascoltare musicisti, cantanti o vedere film e ballerini russi.
Ma la bellezza non ha confini e allora abbiamo deciso di scegliere due pianisti tra quelli che maggiormente amiamo – guarda caso russi – e di regalarvi (grazie a YouTube, che non li ha ancora cancellati anche dalla rete) due tra le loro esibizioni più iconiche.
Ascolterete di Claude Debussy, le tre Estampes: Pagodes, La soirée dans Grenade, Jardins sous la pluie (1). Registrata a San Pietroburgo, nel 2020, questa esibizione di Nikolaj Luganskij sa ricreare le atmosfere che Debussy intendeva sollecitare alla vista dell’ascoltatore. Vi pare un controsenso quanto sto scrivendo? Una sinestesia pindarica? Spieghiamoci in maniera più agostana… Debussy avrebbe voluto viaggiare e inviare cartoline dai quattro angoli del globo ma, impossibilitato, decise di ricreare attraverso la musica quello che un pittore farebbe col pennello: una tridimensionalità apparente ed effimera ma, nel contempo, talmente solida da avvolgere l’ascoltatore risvegliando il lui (o lei) ricordi, suggestioni, fors’anche cliché di mondi lontani.
Una giustapposizione di accordi e una moltiplicazione di sfumature suggeriscono panorami simili a miraggi fluttuanti e indefiniti, come quelli che ci invadono nelle fasi oniriche Rem: e così eccoci tra pagode e strumenti metallici – xilofoni, campanelle e metallofoni – sebbene sia un pianoforte quello che riesce a sollecitare le suggestioni del Gamelan giavanese, ascoltato da Debussy all’Esposizione Universale di Parigi nel 1889. Dall’Estremo Oriente (forse di maniera, ma che ispirerà anni dopo il Mahabharata di Peter Brook), Luganskij ci fa scivolare in una habanera intessuta della notte andalusa, intrisa della nostalgia per la passione e il ritmo corporeo del flamenco, con gli occhi carichi delle vestigia moresche e delle rovine dell’Alhambra, che immaginiamo ancora come un paradiso islamico calato tra verzure e zampilli d’acqua.
E infine, se Debussy stesso affermava: “Amo le immagini quasi quanto la musica”, mai citazione fu più attinente a un brano – ovvero ai Jardins sous la pluie, ove alle canzoni infantili sovrappone uno scrosciare d’acqua, un fruscio di fogli, un intero universo quasi disneyano dalle tonalità magnificamente definite che Luganskij restituisce andando, ovviamente, oltre la prova di abilità tecnica.
E adesso un brevissimo divertissement, I Dovregubbens hall, composto da Edvard Grieg nel 1875 per Peer Gynt di Henrik Hibsen (2) ed eseguito dal talentuoso, ma anche simpaticamente comunicativo ed empatico (ossia l’opposto di un altro pianista che amiamo profondamente, Glenn Gould) Denis Matsuev.
Come non vedere i troll entrare nella caverna, prima come i nanetti di Biancaneve vanno nella loro montagna e, poi, in maniera sempre più freneticamente come richiede il prestissimo del finale?
Hall of the Mountain King (la traduzione inglese non proprio precisa) è diventato un brano degli Who, nel 1967, ma è stato pubblicato in una versione decisamente ‘freak’ nel 1995. Il motivetto era fischiettato da un Peter Lorre, serial killer ante-litteram in M, il Mostro di Düsseldorf, per la regia di Fritz Lang- padre del cinema fantascientifico e del thriller (con Hitchcock che, quattro anni prima, nel 1927, realizzava già The Lodger). Ma anche Duke Ellington ne farà una versione – jazzistica e orchestrale – piacevolissima che la Grieg Foundation giudicò ‘offensiva della cultura norvegese’ (come se la musica avesse un solo colore, una sola etnia e una sola modalità di espressione e lettura critica), così che solamente nel 1967, quando vennero meno i diritti d’autore di Grieg, i norvegesi poterono ascoltare l’omaggio di Ellington.
Vi lasciamo al prestissimo virtuosistico eppure divertentissimo di Matsuev, sicuri che il motivetto vi ‘perseguiterà’ fino a notte fonda…
venerdì, 30 agosto 2024
In copertina: Foto di Martyn Cook da Pixabay