Sentenza storica che apre le porte alla revisione del TSO
di Luciano Uggè
Premessa doverosa per comprendere i fatti. Il 9 settembre scorso la Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, ha emanato un’Ordinanza interlocutoria in merito al Ricorso 8127/2023 R. G. che riguardava l’opposizione a un Trattamento Sanitario Obbligatorio disposto dal Sindaco di Caltanissetta, a cui la ricorrente si opponeva, dopo le dimissioni, in data 19.02.2021.
I giudici del Tribunale di Caltanissetta, in primo grado, riconoscevano che la istante (visti i pareri dei sanitari) avrebbe avuto un “grave scompenso psichico e comportamento oppositivo alle cure”. In seguito anche la Corte d’Appello avallava la fondatezza del TSO viste le “idee suicidarie della donna” e il fatto che la stessa avrebbe assunto una dose eccessiva di Tavor. E però era lo stesso Pubblico Ministero che, in pubblica udienza durante un successivo ricorso, chiedeva se fosse legittimo l’artico 35 della Legge 833/1978 (1) laddove, pur prevedendo che la parte soggetta al TSO potesse far ricorso, non stabiliva una “tempestiva informazione, in modo tale da consentirle di effettuare una efficace opposizione in tempo utile” (2). In parole povere, mentre sanitari, giudice tutelare e sindaco decidono se o meno effettuare un ricovero ospedaliero coatto, la persona (‘degradata a semplice paziente’, che deve subire e non può scegliere se o meno sottoporsi a una cura e a un ricovero) potrà fare ricorso al tribunale competente per territorio contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare ma entro il termine di trenta giorni (da data specificata in un altro comma): il che si traduce, nella pratica, in dopo le dimissioni dall’ospedale, dove la persona è stata comunque ricoverata contro la propria volontà – e senza potervisi opporre – almeno per 7 giorni.
L’intricata vicenda, come sono sempre quelle processuali, ha visto un esito contro-corrente. Come ci informa l’associazione Diritti alla Follia, la Corte di Cassazione ha deciso che è urgente una riforma del TSO.
L’ordinanza riconosce chiaramente come l’attuale normativa sul Trattamento Sanitario Obbligatorio, “basata sugli articoli 33, 34 e 35 della Legge n. 833/1978, sia carente nel garantire al diretto interessato il diritto all’informazione tempestiva e alla partecipazione attiva nei processi decisionali. La Cassazione evidenzia che tali lacune compromettono il diritto di autodeterminazione e di difesa del diretto interessato, rappresentando un potenziale rischio di restrizioni arbitrarie della libertà personale”.
La Cassazione indirettamente sottoscriverebbe quattro punti per i quali da anni si batte l’associazione Diritti alla Follia: “1. Notifica tempestiva e completa: assicurare che il diretto interessato riceva una notifica chiara, immediata e comprensibile del provvedimento sindacale che ordina il TSO e dei documenti che lo supportano (proposta di un medico, conferma del secondo medico, decreto del giudice tutelare), insieme alla possibilità di opporsi o richiederne la revoca prima che il trattamento sia convalidato; 2. Diritto al contraddittorio: garantire che il diretto interessato venga sempre ascoltato direttamente in udienza dal Giudice tutelare chiamato a convalidare l’ordinanza di TSO, se necessario con appositi spazi nei luoghi di degenza; 3. Diritto di difesa: prevedere la necessaria nomina di un avvocato (d’ufficio se non di fiducia) per garantire una tutela legale piena anche in situazioni di incapacità temporanea; 4. Effettività della tutela giurisdizionale: rafforzare il controllo giurisdizionale, oggi limitato alla correttezza formale della procedura, ma anche sul merito del provvedimento, valutando attentamente le condizioni specifiche del diretto interessato, se necessario con l’ausilio di consulenti” (come da comunicato reso pubblico dall’associazione).
Due considerazioni a margine. Chiudete gli occhi e provate a immaginarvi questa scena: se per salvarvi la vita dovessero amputarvi le gambe, vorreste prima saperlo ed essere voi a decidere del vostro corpo e di un eventuale fine vita o tale decisione dovrebbe essere presa contro la vostra volontà da un medico o da un magistrato e, comunque, da qualcuno che, magari, pensando di agire per il ‘vostro bene’, vi sottrae la possibilità di scelta e il diritto all’autodeterminazione?
La seconda domanda deriva direttamente dal pensiero e dalla critica di Basaglia – e del suo gruppo di lavoro – alla psichiatria tout-court;critica che nacque e si sviluppò in un momento in cui la responsabilizzazione delle persone e l’autodeterminazione erano argomenti centrali nella discussione sociale e politica. Se non vi è la collaborazione attiva e consapevole (anche nella limitatezza in cui la stessa può esplicitarsi) della persona nella scelta della terapia, quale diritto ha lo psichiatra di imporla in maniera coercitiva? Sostituire la camicia di forza o l’elettroshock con uno psicofarmaco può sembrare più ‘umano’ ma non è una violazione minore dei diritti dell’individuo. Quegli stessi diritti che, lo si comprenda o meno, portarono in quegli anni molti a interrogarsi sulle politiche proibizioniste, ad esempio, in fatto di stupefacenti. Chi ha diritto di contestare a un eroinomane o a un adepto all’LSD di ‘bruciarsi il cervello’?
Qual è il bene cosiddetto ‘superiore’? Quello individuale o quello collettivo? E cosa si intende per ‘bene collettivo’: accettare passivamente l’inoculo di un prodotto sperimentale, che si sapeva incapace di immunizzare e di fermare il contagio di un virus corona? Oppure sospendere dal lavoro per mesi migliaia di persone senza nemmeno garantire loro un assegno alimentare? Sarebbe ora che la società civile tornasse a porsi queste domande perché il nostro futuro, anche a breve, dipenderà dalle risposte e – come abbiamo visto – non sarà la politica sempre più discrezionale e meno rappresentativa – della Commissione Europea o dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, controllata da donor privati – che potrà fare scelte autenticamente democratiche.
(1) https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1978-12-23;833~art33
(2) Ordinanza Interlocutoria
Per chi volesse approfondire la proposta di Diritti alla Follia in materia:
venerdì, 27 settembre 2024
In copertina: I manicomi sono solo un ricordo? Foto di Vicki Hamilton da Pixabay