
Esco il nuovo concept album di Lino Strangis
di Luciano Uggè
È un po’ strano affrontare un lavoro sonoro/musicale di Lino Strangis senza l’ausilio – al quale ci ha abituati – degli effetti visivi delle sue opere (spesso apprezzati nell’ambito di Over the Real, International Video & Multimedia Art Festival a Lucca e Pietrasanta).
Per quest’opera musicale (la cui compattezza riporta alla mente i concept album) possiamo parlare di un viaggio mentale senza una meta precisa – alla scoperta di nuovi mondi sonori e immaginari.
Sin dall’inizio alcune sonorità rimandano (forse volutamente) ai primi lavori del gruppo musicale tedesco Popol Vhu come Hosianna Mantra – pubblicato nel lontano 1972, tentando di fondere in un unico flusso sonoro la rivelazione di matrice cristiana e la ritualità ipnotica induista.
Il connubio, sin dal primo brano, unisce una traccia che sembra provenire da antichi strumenti – si può andare con la mente al didgeridoo degli aborigeni australiani – che si fondono con i suoni cristallini degli strumenti campionati. Un contrasto che, invece di sembrare inopportuno, genera quella continuità che permette di perdersi in vocalità sonore che danno il senso dell’avvicinarsi e allontanarsi del mondo che percepiamo.
Il viaggio si fa più articolato e intenso nel secondo brano con la base corale, segno di continuità, che si fonde con il tema elettronico sempre teso ad aprire nuovi spazi da esplorare. Siamo davvero in presenza di un universo siderale – quasi persi nel vuoto – con il suo rumore di fondo dal quale emergono suoni cristallini, forse messaggi – ma inviati da chi e da dove rimane un mistero. Un messaggio (come quello del monolite di Kubrick) che si affievolisce sin quasi a scomparire sopraffatto dalle varie partiture musicali che si fondono. La pulsazione siderale lascia poi spazio a suoni liquidi che lentamente prendono il sopravvento prima di essere ricondotti in un alveo più rassicurante.
Cori celestiali si fondono con la complessità musicale restituendo un risultato più armonico e rassicurante. Quasi una pausa o un ripensamento sulla natura e il prosieguo del viaggio.
Improvvisamente ascoltiamo quella che sembra una cavalcata cosmica, che ci riporta in una prateria senza staccionate, senza confini. I suoni si fondono quasi a contenere il tutto – noi compresi.
Ogni traccia è un richiamo, una suggestione diversa. Sarà una nave (quella di Capitan Harlock?) a riportarci sulla Terra. Un cerchio che si chiude come nella ruota dell’eterno ritorno: la fine può anche essere l’inizio di un nuovo percorso.
Si potrebbe giudicare come una pausa, l’ascolto di questo ‘album’, nella frenetica quotidianità alla quale ci hanno abituati i media – col loro rumore di fondo indecifrabile ma costante. Uno spazio vuoto, un momento di concentrazione liberatorio, per rimpossessarci del nostro tempo e liberare, per un fiat, la mente da ciò che la circonda e la opprime, pur senza dimenticarlo. Al contrario, alla fine si avverte in maniera subliminale la presenza di un mondo diverso – più comprensivo di tutte le realtà che paiono finalmente accoglierci nel rispetto della diversità. Quasi che la pace che emana quest’opera musicale possa essere finalmente alla base della nostra e dell’altrui esistenza.
A completare l’album, la cover di Matteo Donà che pare racchiudere in un’immagine iconica le suggestioni dell’intero universo/mondo ascoltato.
Quest for a lost sound
everything that can be heard was created in real time by Lino Strangis
mastering Matteo Donà
cover Matteo Donà
https://linostrangis.bandcamp.com/album/quest-for-a-lost-sound-parts-1-to-8
venerdì, 2 maggio 2025
In copertina: La cover dell’album di Lino Strangis, firmata da Matteo Donà