
Un guasto imprevisto o un attacco deliberato?
di Noemi Neri (traduzione in castigliano, in fondo all’articolo in italiano, di Noemi Neri)
Giornata da ricordare quella del 28 di aprile per Valencia, ma anche per tutta la Spagna. Appena sei mesi dopo la Dana, l’inondazione che ha provocato oltre 200 vittime, la città si trova ad affrontare una nuova sfida, quella di un blackout energetico. Ma andiamo con ordine. Lunedì 28 era in programma il Congresso del Partito Popolare Europeo che vedeva la partecipazione di un folto gruppo di leader internazionali; in concomitanza si sarebbe svolta, nelle piazze, la settima manifestazione per chiedere le dimissioni del presidente della Comunità valenciana Carlos Mazón.
Circa alle 12.30, di colpo, va via la corrente in tutta la Spagna – meno che nelle isole Canarie e Baleari e nelle città autonome Ceuta e Melilla. Il blackout in breve si estende anche al Portogallo. Nel giro di poche ore in alcune zone va via anche l’acqua e, quasi ovunque, la copertura di rete e dunque anche internet. Un intero Paese è paralizzato.
I treni si sono bloccati in mezzo al nulla, molte persone sono rimaste chiuse in ascensore, in metropolitana. Nessuno sa cosa fare, è difficile reperire notizie, non si può telefonare. Parte, dunque, la corsa: ai supermercati, i pochi aperti a Valencia poiché il 28 è anche San Vicente Ferrer, il patrono della Comunità; ai negozi cinesi per comprare radio e pile; alle casse automatiche delle banche ma con insuccesso: non si può pagare con il bancomat, solo contanti. Quelli che sono riusciti a connettersi alla rete hanno esaurito i fornellini da campeggio in vendita su Amazon. Di fatto sono in pochi ad avere il gas in casa e, con il piano a induzione fuori uso, non si può nemmeno cucinare.
Lo scenario è distopico, cosa è successo? Una domanda alla quale le autorità non sanno dare una risposta. Il Presidente del Governo, Pedro Sánchez, non esclude nessuna ipotesi. Intanto le persone escono per strada, passeggiano senza cellulari, alcuni non potendo far altro che attendere, cantano tutti insieme.
Nel tardo pomeriggio solo il 30% del territorio ha recuperato la corrente; nel frattempo, le otto comunità autonome, Rioja, Andalusia, Murcia, Madrid, Galicia, Castilla-La Mancha, Extremadura e la Comunità Valenciana, hanno chiesto al Governo centrale il livello 3 di emergenza. Si tratta di un procedimento del Sistema Nazionale di Protezione Civile che permette all’Esecutivo di assumere il controllo e la gestione dell’emergenza.
La Red Eléctrica Española annuncia nel pomeriggio che avrebbero ripristinato la situazione in 6-10 ore, in realtà solo la mattina successiva tutto il Paese torna alla normalità. La sera del 28 la corrente inizia a tornare in alcune zone insieme alla copertura di rete. Alla tv Pedro Sánchez rassicura i cittadini pur continuando a non escludere nessuna ipotesi circa le cause del blackout. Spiega che, in pochi secondi, si è perso il 60% dell’energia disponibile per il consumo, questo sbalzo energetico ha fatto sì che le centrali si siano disconnesse, come da protocollo di sicurezza. Per questo stesso principio, il Portogallo, che acquista dalla Spagna il 30% dell’energia elettrica, si è visto togliere improvvisamente parte del fabbisogno energetico andando incontro al conseguente blackout.
Le teorie sulle cause sono sostanzialmente due: un problema tecnico o un attacco diretto. Il problema tecnico per il momento non è stato individuato. Circa un possibile attacco al Paese si aprono due scenari: un cyberattacco o l’attacco in sordina di un paese ʻnemico’. Secondo l’opinione degli ingegneri elettronici potrebbero volerci mesi prima di individuare un attacco informatico, ammesso che si riesca, e nessuno tra i colleghi che monitorano il dark web ha riscontrato traccia di possibili attacchi alla Spagna.
Martedì mattina, il 29 aprile, l’azienda pubblica spagnola – responsabile della rete elettrica – ha escluso un possibile attacco informatico ma Sánchez non ha confermato, anzi, ha colto l’occasione del dibattito sull’energia per esprimere la sua opposizione al mantenimento in funzione delle centrali nucleari volute, invece, dall’opposizione.
L’attacco alle centrali elettriche non è una novità. Nel luglio 2020, l’Iran subisce quattro esplosioni in una settimana, l’ultima nella centrale elettrica di Zargan, nella città di Ahvaz. Nel maggio 2023 è l’infrastruttura energetica danese a essere colpita. Negli ultimi anni, a essere danneggiate sono state anche le centrali elettriche ucraine e russe e, solo due mesi fa, ricordiamo il grande blackout cileno che ha lasciato senza elettricità un’estensione territoriale di 2.400 km.
Cosa significa colpire una centrale elettrica? Prima di tutto, indirettamente, vengono colpite le centrali nucleari – le quali necessitano di quantità ingenti di energia; in secondo luogo, l’intera economia del Paese è paralizzata; e infine, si crea confusione nella popolazione attaccando direttamente la psicologia dei cittadini.
A Madrid, durante il blackout, una donna è morta in un incendio, probabilmente causato da una candela. Nella comunità di Castilla e León la Croce Rossa ha prestato assistenza a oltre 2.650 persone. Alcune sono stati soccorse per intossicazione dovuta all’utilizzo di generatori elettrici alternativi. Un danno sanitario ed economico per il Paese che, fortunatamente, è riuscito a ripristinare la situazione in meno di 24 ore.
La domanda adesso è: se non fosse un problema tecnico o un attacco informatico, nello scenario politico attuale, quale Paese potrebbe voler creare un danno alla Spagna?
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Apagón histórico: cuando España se desconectó del mundo
¿fallo técnico o ataque encubierto?
El 28 de abril será una fecha para recordar en Valencia, pero también en toda España.
Tan solo seis meses después de la DANA, la inundación que provocó más de 200 víctimas, la ciudad se enfrenta a un nuevo reto: un apagón energético. Pero vayamos por partes.
El lunes 28 estaba previsto el Congreso del Partido Popular Europeo, que contaba con la participación de un amplio grupo de líderes internacionales. Al mismo tiempo, en las plazas, tendría lugar la séptima manifestación para pedir la dimisión del presidente de la Comunidad Valenciana, Carlos Mazón.
A eso de las 12:30 del mediodía, de repente, se va la luz en toda España, a excepción de las Islas Canarias, Baleares y las ciudades autónomas de Ceuta y Melilla. El apagón se extiende rápidamente también a Portugal. En cuestión de pocas horas, en algunas zonas también se interrumpe el suministro de agua y, casi en todo el país, desaparece la cobertura de red, incluida internet. Un país entero queda paralizado.
Los trenes se detienen en medio de la nada, muchas personas quedan atrapadas en ascensores o en el metro. Nadie sabe qué hacer; es difícil obtener información y no se pueden hacer llamadas telefónicas. Comienza entonces una carrera desesperada: hacia los supermercados —los pocos abiertos en Valencia, ya que el 28 es también San Vicente Ferrer, patrón de la Comunidad—; hacia las tiendas chinas, en busca de radios y pilas; hacia los cajeros automáticos, aunque sin éxito, porque no se puede pagar con tarjeta, solo en efectivo. Quienes lograron conectarse a internet agotaron en Amazon los hornillos de camping. De hecho, son pocos los que tienen gas en casa, y con las cocinas de inducción fuera de servicio, ni siquiera se puede cocinar.
El escenario es distópico. ¿Qué ha pasado? Es una pregunta para la que las autoridades no tienen respuesta. El presidente del Gobierno, Pedro Sánchez, no descarta ninguna hipótesis. Mientras tanto, la gente sale a la calle, pasea sin móviles; algunos, sin otra opción que esperar, cantan juntos.
Por la tarde, solo el 30% del territorio había recuperado la electricidad. Entretanto, ocho comunidades autónomas – La Rioja, Andalucía, Murcia, Madrid, Galicia, Castilla-La Mancha, Extremadura y la Comunidad Valenciana – solicitaron al Gobierno central el nivel 3 de emergencia. Se trata de un procedimiento del Sistema Nacional de Protección Civil que permite al Ejecutivo asumir el control y la gestión directa de la emergencia.
Red Eléctrica Española anunció por la tarde que la situación se restablecería en 6-10 horas, pero en realidad no fue hasta la mañana siguiente cuando el país volvió a la normalidad. En la noche del 28, la electricidad y la cobertura comenzaron a regresar a algunas zonas. En televisión, Pedro Sánchez tranquilizó a la ciudadanía, aunque continuó sin descartar ninguna causa para el apagón. Explicó que, en cuestión de segundos, se perdió el 60% de la energía disponible para el consumo. Este desequilibrio provocó que las centrales se desconectaran automáticamente, siguiendo los protocolos de seguridad. Por ese mismo principio, Portugal – que compra a España el 30% de su energía eléctrica – perdió de golpe parte de su suministro, sufriendo el mismo apagón.
Las teorías sobre las causas son básicamente dos: un fallo técnico o un ataque directo. De momento no se ha identificado ningún fallo técnico. En cuanto a un posible ataque al país, se barajan dos escenarios: un ciberataque o un ataque encubierto por parte de un país ʻenemigo’. Según los ingenieros electrónicos, podrían pasar meses antes de poder detectar un ciberataque, si es que se logra. Ninguno de los expertos que monitorizan la dark web ha encontrado señales de un posible ataque contra España.
El martes por la mañana, la empresa pública responsable de la red eléctrica descartó un ciberataque, pero Sánchez no lo confirmó y, de hecho, aprovechó el debate sobre la energía para expresar su oposición a mantener operativas las centrales nucleares, como propone la oposición.
Los ataques a las centrales eléctricas no son una novedad. En julio de 2020, Irán sufrió cuatro explosiones en una semana, la última en la central eléctrica de Zargan, en la ciudad de Ahvaz. En mayo de 2023 fue la infraestructura energética danesa la que resultó atacada. En los últimos años también han sido dañadas las centrales eléctricas ucranianas, rusas y, hace tan solo dos meses, recordamos el gran apagón en Chile, que dejó sin electricidad una extensión territorial de 2.400 km.
¿Qué significa atacar una central eléctrica? En primer lugar, se afectan indirectamente las centrales nucleares, que requieren grandes cantidades de energía para su funcionamiento. En segundo lugar, se paraliza toda la economía del país. Y finalmente, se genera confusión entre la población, golpeando directamente su estabilidad psicológica.
En Madrid, durante el apagón, una mujer murió en un incendio, probablemente causado por una vela. En Castilla y León, la Cruz Roja atendió a más de 2.650 personas. Algunas fueron socorridas por intoxicación tras el uso de generadores eléctricos alternativos. Un daño tanto sanitario como económico para el país, que, afortunadamente, logró restablecer la situación en menos de 24 horas.
Ahora la pregunta es: si no se trata de un fallo técnico ni de un ciberataque, en el actual escenario político, ¿qué país podría querer dañar a España?
venerdì, 9 maggio 2025
In copertina: Fonte immagine https://www.muyinteresante.com/actualidad/apagon-masivo-espana-investigacion-causas-ultima-hora.html