
Non solo Gaza… anche Jenin
di Simona Maria Frigerio
Difficile in questi mesi raccontare cosa sta accadendo nei Territori Occupati da Israele e nell’intera Palestina. Questo perché le reti elettriche sono state volutamente distrutte mentre la popolazione vive in situazioni pari a quelle degli ebrei durante l’Olocausto: ridotta alla fame, senza acqua potabile e servizi igienici, perseguitata in casa propria (laddove ancora abbia un tetto sulla testa); mentre a migliaia sono gli individui deportati o arrestati senza ragione e rinchiusi in carceri dove, spesso, sono brutalizzati, picchiati, torturati e offesi nella loro dignità di esseri umani.
Proprio in questi giorni Mustafa Sheta – direttore del Freedom Theatre – è stato rilasciato dopo 15 mesi di detenzione amministrativa nelle prigioni israeliane. Nessuna accusa specifica, nessuna possibilità di difendersi: questa è la democrazia israeliana che difendiamo a spada tratta.
The Freedom Theatre avrebbe dovuto festeggiare i 19 anni di presenza nel Campo Profughi di Jenin sempre in questi giorni ma, da notizia diretta, è occupato da cecchini e soldati israeliani. Un luogo di cultura e che permetteva a bambini e adolescenti un percorso di autocoscienza e resilienza è oggi brutalmente utilizzato da un esercito occupante che potremmo tranquillamente definire etnocida (se non volete usare il termine genocida – per rispetto nei confronti della senatrice Liliana Segre).
Come si fa a descrivere l’orrore di vedersi rasa al suolo la propria casa? Come si può vivere in un campo profughi (come Jenin) o un lager a cielo aperto (come Gaza), che è stato blindato? Come si può accettare quanto denunciava Emergency il 6 maggio scorso, ossia che da 66 giorni a Gaza continuava il blocco degli aiuti umanitari, voluto e perpetrato da Israele: “Mancano cibo e medicine, l’acqua potabile è sempre meno accessibile” e più oltre: “Impossibile reperire anche semplici antibiotici”.
Ci fa specie che il Primo Ministro Netanyahu abbia trattenuto una conversazione telefonica con il Presidente russo Vladimir Putin per congratularsi per il 9 Maggio e la celebrazione dell’80° anniversario della vittoria sovietica sul nazismo. Quale differenza vi sarebbe tra la persecuzione degli ebrei da parte dei fascisti e dei nazisti (in Germania ma anche in molte altre nazioni europee – dall’Ungheria alla Romania passando per l’Ucraina) e i comportamenti persecutori che Israele attua dal 1948 nei confronti del popolo palestinese? Rubando la terra e i pochi averi, devastando abitazioni e fonti di sostentamento – ricordiamo l’omicidio di Rachel Corrie, schiacciata da un bulldozer corazzato dell’esercito israeliano, mentre tentava di salvare le case e gli uliveti dei palestinesi; ma anche chiudendo i pozzi d’acqua, incarcerando senza motivazione, costringendo all’esilio milioni di persone e deumanizzando sempre più un intero popolo, così da rendere più facile l’uccisione a sangue freddo di donne, bambini, medici o giornalisti – esattamente come facevano i tedeschi nazisti e i fascisti di ogni Paese.
La comunità internazionale pare impotente. Ma lo è solamente perché non interessa a nessuno una guerra lontana nello spazio e nel tempo. I sindacati europei e statunitensi, sempre a correre dietro a qualche spicciolo di aumento o a qualche benefit aziendale, potrebbero indire uno sciopero generale a oltranza e il problema sarebbe già risolto. Senza l’appoggio, le armi e i soldi dell’Occidente, Israele sarebbe costretto a ridiscutere la propria stessa esistenza. Perché un popolo che non ha memoria non ha futuro, ma non si può utilizzare la memoria solo quando funziona come scusante per qualsiasi crimine si commetta nel presente. L’Olocausto non giustificava la Nakba nel 1948, e nemmeno il fatto che l’Onu assegnasse il 52% del territorio sotto Mandato britannico (i colonialisti per eccellenza) agli ebrei, avallando una divisione su base religiosa tra coloro (musulmani ed ebrei) che vivevano in quelle terre – di fatto occupate da una potenza straniera.
Provo il più profondo disgusto per me stessa, come italiana, come europea, come giornalista e come inutile orpello di democrazie che sono ormai diventate plutocrazie in cui la stampa ‘libera’ e gli ‘elettori’ non solo sono ‘ammaestrati e non fanno più paura’ (parafrasando un Guccini d’annata), ma siamo diventati la giustificazione del qualunquismo, dell’egoismo, del neo-colonialismo, dell’imperialismo rapace di un continente troppo vecchio per vedere al di là dei propri miseri interessi miopi, e di uno Stato ‘federale’ sgovernato da due partiti controllati da élite finanziarie che, con sangue, fame e morte si arricchiscono.
Aveva ragione Benito Mussolini quando scriveva: “Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l’illusione di essere sovrano”? O Dario Fo quando ricordava le parole di suo padre: “Quando un popolo non sa più ridere diventa pericoloso”? I palestinesi hanno smesso di ridere quasi 80 anni fa.
Video inviatoci da una lettrice:
Sidun, Fabrizio De Andrè canta dal vivo la canzone dedicata alla città libanese di Sidone, bombardata da Ariel Sharon nel 1982:
venerdì, 9 maggio 2025 (Giornata della Vittoria sul nazismo)
In copertina: Immagine creata con l’IA da Abdulla Alyaqoob da Pixabay