
La diffusione del LAVORO delegittimato, disvalorato, senza rispetto con alcune proposte risolutive
di Maurizio Prescianotto
“Le società devono la loro esistenza alla capacità di distribuire in modo diseguale eppure legittimo”, J. Habermas (1).
Sono qui per te!
Lo slogan che la commessa porta scritto sul retro della divisa nel supermercato aperto anche il 1° maggio, FESTA DEL LAVORO.

Il termine ‘slogan’ deriva dal gaelico ‘sluagh-ghuarim’ e significa ‘grido di guerra’. Lo scopo dello slogan oggi è comunicare il messaggio del marchio-brand in modo immediato e memorabile, influenzando le percezioni e decisioni del pubblico, promuovendone i prodotti e servizi.
Lo slogan Sono qui per te! che la lavoratrice porta sulla divisa, a mio avviso di primo acchito urticante, risulta utile con degli elementi da disambiguare ai fini del ragionamento sul lavoro che vorrei condividere:
– [IO]: il soggetto della lavoratrice è scomparso, evanescente, e può venir solo implicitamente sottinteso.
– [SONO]: indica uno stato di condizione subita da (un) soggetto sociale inesistente o residuale, incapace di progettualità autonoma nell’affrancamento di (noi) classe lavoratrice. Sembra destinato a prestare la sua opera, ai fini della corrente [1.a] sopravvivenza, solo per ‘la giusta mercede’ [1.b] concessa dal datore di lavoro paternalisticamente.
[1.a] Mentre la ‘corrente’(zza) commerciale sottointende che l’impresa, pur non avendo obblighi, interviene per considerazioni d’opportunità, consapevole che il rapporto soffre di un certo difetto da parte datoriale;
[1.b] La ‘giusta mercede’ invece è definita nel modello sociale corporativistico, senza rappresentanza né conflitto di classe, dalla Chiesa cattolica nell’Enciclica Rerum Novarum da papa Leone XIII (nel 1891). Sarà sottoscritto nei Patti Lateranensi tra la Chiesa (papa Pio XI) e il Governo fascista di Mussolini, definito ‘uomo della provvidenza’ – Enciclica Quadragesimo anno, 1931 (A. Volpi, su L’Antidiplomatico).
– [QUI]: il mercato, unico luogo dove avviene la vendita di merce e lavoro.
– [PER TE]: attraverso te consumatore che acquisti merce e sei garante di realizzazione del profitto PER TE imprenditore quale unico destinatario finale. Fintanto che il soggetto, sottinteso SONO, non verrà sostituito per opportunità di maggior profitto da una cassa automatica con operatori AI o da Amazon.
Se oggi volessimo esporre alla lavoratrice le congetture sopra riepilogate, probabilmente rimarrebbe perplessa ritenendo le divise fornite dall’azienda – nonostante lo slogan stampato Sono qui per te! – come un bonus che le consente di risparmiarsi l’acquisto dell’abbigliamento di lavoro. La lavoratrice, immersa nell’attuale apoteosi mediatica concentrata sui ‘diritti di genere’ che ne pensa, invece, dell’eclissi di rispetto del suo lavoro? Forse dovrebbe avere preoccupazioni di genere femminile sulla scritta pensata dai creativi market(tari)ing che, allusivamente, sembra vogliano offrirla a disposizione della clientela maschile. Come nel lupanare dove la maîtresse gestiva le ragazze Sono qui per te! con la tabella affissa nell’ingresso di servizi, prezzi e durata? Ci chiediamo se le sinistrate suffragette ZTL non abbiano nulla da eccepire manifestando stavolta una fondata solidarietà di genere.



Di fatto la lavoratrice ha solo firmato un CONTRATTO di lavoro che non riguarda il suo ‘essere = SONO’ ma la sua prestazione oraria di servizi per vendere merci e consentire la realizzazione di business alla controparte. Ma dagli anni 90, con l’obiettivo della ‘Qualità totale’ la lavoratrice è stata coinvolta mentalmente nel processo di produzione responsabile che prevede l’adesione ideologica al perseguimento del ‘bene aziendale’ nel mercato concorrenziale con altri lavoratori di altre imprese. In cambio le sono stati promessi la compartecipazione, garantita la continuità lavorativa con aumenti di carriera e stipendio.
Si badi, le imprese concorrenti, supportate da esperti market(tari)ing, a loro volta attirano clienti con slogan di fuffa similare. Tra gli esempi: Con noi sei in famiglia! Seppure mai succeda, come nella famiglia comandata, che, ad esempio, cenino assieme clienti, LAVORATORI e proprietari.

Oppure l’iconico La Coop sei tu! Nonostante che mai, a fine anno, l’Assemblea dei soci della Cooperativa abbia deliberato che pure a clienti e LAVORATORI sia effettuato l’accredito di compartecipazione agli utili.

La vigorosa trasformazione del lavoro
Che fosse in atto da anni ebbi modo di documentarlo nel 2005 dalla periferica Bolzano nella relazione Oltre Weiter. Il lavoro protagonista per democratizzare la globalizzazione, presentata a Castel Coldrano (Bz) e a Palermo al XII° Congresso nazionale Cgil Filcams (lavoratori del terziario commercio, turismo e servizi). Una rappresentanza frammentata in 27 diverse tipologie di contratti di lavoro, compresi gli operatori della cultura permanente, dove allora operavo. I lavoratori del terziario rappresentavano già il 70% della forza lavoro, assieme alle categorie dei lavoratori della pubblica amministrazione, conoscenza, spettacolo, postali, telecomunicazioni, bancari, eccetera. Segnalavo allora che sarebbe risultato difficile – senza investimenti sindacali strutturali in conoscenza, innovazione e cultura della rappresentanza – effettuare il necessario ricambio generazionale per garantire efficacia alla rappresentanza stessa. Un’interessante e bella esperienza a Palermo ma per il rinnovo cariche finì a schifìo con autoteliche scorrettezze, sgarbi, ricatti, lotte intestine e dimissioni; perdendo il senso finale della relazione proposta.
La trasformazione del lavoro avveniva pure nei tradizionali settori del lavoro ‘falce e martello’. Nel primario, l’agricoltura delle monocolture specialistiche era subordinata alle filiere della grande distribuzione che ne determina vieppiù, col monopolio della domanda, prodotti, prezzi e margini. Inoltre, l’importazione incontrollata di immigrati neo-schiavi, un ‘esercito industriale di riserva’, utilizzati senza garantire adeguate condizioni di vita, vitto e alloggio, è lasciata solo a carico del saccheggiato welfare pubblico.
Infine, nel settore secondario industriale, quasi il 40% dei lavoratori diventava ‘colletto bianco’ mentre l’operaio massa era espulso ed esternalizzato ‘con l’esercito industriale di riserva estero’ o sostituito dall’automazione robotica.

La Festa del Lavoro
Dopo 20 anni, date le condizioni dei lavoratori, la Festa del Lavoro sarebbe meglio definirla la Festa al Lavoro che viene festeggiata da altri soggetti.
– Le élite titolari di profitti e rendite finanziarie festeggiano picchi finora mai raggiunti. Secondo i dati OCSE in Italia, negli ultimi 30 anni, i salari reali sono diminuiti di -10,9% (1990-2023) a causa di stagnazione, inflazione, Covid, crisi energetica e guerra. Mentre i prezzi aumentavano di un +200% con un caffè che, a Bolzano, da 0,50€ = 1.000£ (2001) oggi costa 1,50€ = 3.000£ (2025). Abbiamo assistito all’impoverimento diffuso e al trasferimento distributivo di oltre il 20% della ricchezza del PIL dai salari/pensioni ai profitti/rendite – T. Piketty (2).

– I Partiti politici ‘catch all parties’ a-ideologici, pigliatutto e sensibili al finanziamento di lobby sono interessate all’allentamento di ‘lacci e lacciuoli’ per realizzare ‘le magnifiche sorti e progressive’. Quindi pro-attivi con varie scuse mediatiche: «Debito pubblico e Spread», «Ce lo impone il vincolo UE», «Emergenze Ambiente e Covid», fino al recente «ReArmEu contro l’aggressore Russia». Capaci solo di deregolamentare diritti, tutele e stipendi, quando non sono i loro.
– Le Rappresentanze a(?)-sindacali della storica triplice con gli ‘appa(iono)renti leader’, sono preferite dalle controparti datoriali solo per comprovata ‘attitudine al ribasso concertativo’. Maggioritaria tra gli iscritti la categoria dei pensionati (in estinzione progressiva gli ancora tutelati) attirati per i servizi erogati dal business di CAAF – Patronati OSS e testimonial mobilitabili nei fine settimana per manifestazioni simboliche a Roma, senza danni alle produzioni del profitto e al consenso governativo. Invece, ridottesi le tessere dei lavoratori iscritti e la partecipazione, restano senza sano e rigenerativo ricambio ‘gli apparati burocratici della rappresentanza’, infoltiti vieppiù da autoreferenti esperti in inamovibilità. Le cosiddette ‘élite dello scranno’ che, seppur ancora formalmente lavoratori attivi, da tempo sono divenuti ‘ex lavoratori’ e non ne conoscono più il senso riattualizzato trasformativo che Cesare Pavese definiva in Lavorare stanca. Élite sindacali che si auto-selezionano e ri-confermano tramite riti assembleari – ossia direttivi per livelli categoriali, dal locale al nazionale – o si imboscano per chiamata diretta irreversibile. Sono anche capaci di rilasciare dichiarazioni su richiesta, presenziare alle cerimonie istituzionali, organizzare manifestazioni e concerti. Quando riescono cercano perfino di imbucarsi e concorrere nella rappresentanza istituzionale partitica, ben più remunerativa, sentendosi pure svincolati dall’originario mandato di rappresentare il lavoro.
– Infine, ultimo non ultimo, la grancassa massmediatica che bombarda e plasma monocorde, accattivante, acritica e totalizzante le neocortecce degli individui H24 e 365/365 gg. Sono di proprietà dei soliti noti e oggi sono integrati da pervasivi Strumenti della sorveglianza del Capitale ICT Information comunication tecnology – S. Zuboff (3). Il tutto scatenato in funzione di AIS, Apparato Ideologico di Stato – L. Althusser (4).
Continua la settimana prossima
(1) Jürgen Habermas è un filosofo, sociologo, politologo ed epistemologo tedesco, tra i principali esponenti della Scuola di Francoforte
(2) Thomas Piketty, famoso per i suoi studi sulle disuguaglianze economiche e dello sviluppo delle nazioni
(3) Shoshana Zuboff, sociologa e saggista statunitense
(4) Louis Althusser, filosofo francese
venerdì, 23 maggio 2025
In copertina: immagine stock da Pixabay; nel pezzo: foto e slogan forniti dall’Autore dell’articolo