
Da Landini a Rutte: non riuscite mai a leggere tra le righe
di Luciano Uggè e Simona Maria Frigerio
Il 30% degli aventi diritto è andato a votare per 5 Referendum che non erano pro o contro la CGiL e la sua mancanza di credibilità consolidatasi con scelte sempre più discutibili – fra le quali, unirsi allegramente al carrozzone delle pensioni integrative, puntare sul consenso e sul tesseramento dei pensionati, trasformarsi in un’azienda di servizi Caaf, concertare la precarizzazione sedendosi a tavoli delle trattative dove la linea era dettata da padronato e politiche sempre più liberiste, imposte da governi della cosiddetta sinistra, tecnici o di destra.
Non erano pro o contro una CGiL che, in epoca di Covid-19, ha appoggiato le misure più insensate per obbligare i lavoratori a vaccinarsi con un preparato non immunizzante che ha dato il ‘semaforo verde’ al contagio pandemico – ricordiamo i poliziotti andare in giro nella medesima auto-pattuglia (vaccinati e non) ma non poter sedersi insieme in mensa; vietare il lavoro da casa agli over 50 (mentre si plaudiva allo smart working in ogni settore, persino quello di medicina generale, perché così si bloccava il contagio); consentire che un numero imprecisato di lavoratori che esercitava il diritto all’autodeterminazione sul proprio corpo fosse lasciato a casa – senza obbligare scuole e ospedali a spostarli in funzioni non a diretto contatto col pubblico o a pretendere dal Governo almeno la corresponsione di un assegno alimentare.
E no, questi Referendum non erano pro o contro una CGiL che sbandiera il suo supporto all’Ucraina di fronte alla Casa dei Sindacati di Odessa, dove era avvenuta la strage del 2 maggio 2014 (1); che saluta i lavoratori ucraini dalla piazza del concertone del 1° Maggio, fingendo di ignorare che in quel Paese il Governo ha abolito la Festa dei Lavoratori; o che sta discutendo al suo interno se promuovere uno sciopero generale per Gaza, guardandosi bene dal promuoverlo immediatamente in tutte le categorie coinvolte con la produzione, la vendita, e il trasporto delle armi italiane verso Israele.
Seguendo il medesimo ragionamento, se si fosse pensato all’ideologia di appartenenza rispetto al contenuto dei referendum su divorzio e interruzione volontaria di gravidanza, sicuramente non avremmo le attuali leggi in materia.
Ma non vi preoccupate lavoratrici e lavoratori italiani, non andando a votare ai Referendum, vi siete solamente messi in lizza per contendere al migrante e all’italiano che ha faticato a conseguire un diploma di terza media il privilegio di pulire i culi (sic!) dei vecchi, al posto delle badanti rumene, e raccogliere pomodori, magari a Sarno, a 10 euro a giornata (in nero).
Complimenti! Come diceva Sordi ne I Vitelloni, avete capito tutto:
Da Landini a Rutte
Il 4 giugno, ripetendo più o meno quanto già affermato a Varsavia a marzo di quest’anno (2), in previsione di un fantomatico attacco russo alla Polonia – ma pochi sembrano essersene accorti – il segretario generale della Nato, Mark Rutte, riferendosi questa volta in particolare ai Paesi Baltici ha avvertito la Russia con queste parole: «Se Putin attacca la Nato la nostra reazione sarà devastante» e ha poi aggiunto: «Saremo devastanti e molto efficaci anche tra 3-5-7 anni, ed è per questo che dobbiamo spendere di più» (3). Ovvero, preparatevi europei, a due passaggi epocali: il primo, un drastico taglio della spesa pubblica per sanità, scuola, assistenza e servizi al cittadino per ingrassare le industrie degli armamenti e riempire i nostri arsenali; e il secondo, l’invio dei vostri figli, mariti, compagni e, grazie alla parità di genere, anche figlie, mogli e compagne, in guerra.
Rutte e la nostra stampa, come sempre, glissano su un fatto cruciale, ossia quanto accaduto nella notte di domenica 1° giugno 2025. L’attacco coi droni degli ucraini contro i bombardieri nucleari russi conferma quanto aveva previsto il Presidente Putin il 21 febbraio 2023, quando sospese gli accordi New Start, affermando giustamente che, visto il sostegno dell’Europa e degli States all’Ucraina, permettere che gli Stati Uniti “ispezionino le nostre strutture di difesa suona come una sorta di assurdità”. E difatti in tali accordi era previsto che sia gli Us sia la Federazione Russa fossero tenuti ad autorizzare, ogni anno, fino a un massimo di 18 ispezioni della controparte, con un preavviso minimo di 32 ore.
L’attacco a bombardieri che fanno parte della cosiddetta ‘deterrenza nucleare’ si può considerare come la prima mossa della Terza guerra mondiale. Per questo motivo il Presidente Trump ha immediatamente affermato di non esserne stato informato da Kyiv. Per questo stesso motivo Rutte e la Nato, invece di blaterare di difesa di ‘ogni centimetro di territorio dei Paesi membri’, dovrebbero spiegare agli europei a cosa mirino veramente Francia, Germania, Regno Unito e Ucraina: a un conflitto nucleare su scala europea?
Il Ministro Lavrov ha puntato il dito contro i britannici ma i russi sanno probabilmente già a quali Paesi appartengono le intelligence che hanno aiutato Kyiv nell’ultimo anno e mezzo a predisporre i piani per due mosse a dir poco scellerate – attacco ai bombardieri e attacchi terroristici a due ponti. E sicuramente Rutte dovrebbe andare da uno psichiatra che gli potrebbe spiegare, a livello psicologico e antropologico, come l’aggressività sia una manifestazione di paura. E non vogliamo nemmeno pensare a cosa avrebbe fatto Trump se il Messico, ad esempio, gli avesse colpito con i droni i suoi bombardieri nucleari: possiamo solo immaginarlo basandoci sulle violenze e i crimini che Bush Jr e i suoi successori Dem hanno perpetrato in Afghanistan per vent’anni, sebbene quel Paese non fosse nemmeno colpevole (o mandante) degli attacchi alle Torri Gemelle e al Pentagono (ma colpire l’Arabia Saudita, vista la provenienza di bin Laden e di 15 su 19 attentatori, sarebbe stato controproducente per il finanziamento del debito pubblico statunitense, sic!).

I nostri quotidiani non hanno spiegato anche altri due fatti. Il primo è che adesso siamo tutti più esposti ad attacchi terroristici perché se si è avallata la possibilità di far esplodere mezzi per la deterrenza nucleare con semplici droni; a questo punto chi impedirà a Paesi terzi o a fazioni radicali di rifarlo? Si è sempre pensato che ci si sarebbe astenuti perché la deterrenza nucleare e i vari accordi tra Stati Uniti e Federazione Russa si basavano su una semplice implicazione materiale: se A colpisce B, allora B colpirà A – e il mondo come lo conosciamo avrà fine. Ecco perché sia durante la Guerra Fredda sia negli anni successivi al disfacimento dell’ex Unione Sovietica a nessun Paese era mai venuto in mente di attaccare una base nucleare (Nato, statunitense o russa).
Il secondo fatto è solo una nostra intuizione. Il Presidente Putin non ha paura e, perciò, a differenza di Rutte, non minaccia. La guerra prosegue sul campo, gli statunitensi si stanno defilando consapevoli che, prima o poi, l’Ucraina dovrà cedere la sua sovranità economica a coloro che l’hanno sostenuta in questo gioco al massacro, mentre il rientro in Ucraina delle salme di 6mila soldati morti (come concordato in Turchia il 2 giugno scorso) costerà 15milioni di grivne l’uno di risarcimento familiare, che corrispondono a un esborso di 1.896.300.000 euro per il regime di Kyiv. Provate a moltiplicare per le centinaia di migliaia di soldati morti… Pensate alle ricadute negative sulla popolarità di Zelensky e sulla psicologia della cittadinanza ucraina (e paragonate gli effetti a quelli della sfilata di pochi camion dell’esercito italiano a Bergamo, nel 2020, a inizio pandemia). L’Ucraina era convinta di vincere la guerra contro la Russia perché sostenuta dall’Occidente (che, però, si è guardato bene da inviare i suoi eserciti).
Forse il via libera degli States alla Russia riguardo alla ritorsione contro l’Ucraina per l’attacco del 1° giugno può essere stato interpretato, da uno statista quale Putin, in maniera molto diversa da quanto si attendevano i pigmei occidentali…
(3) https://www.quotidiano.net/esteri/putin-nato-baltici-tkuxyqq4
venerdì, 13 giugno 2025
In copertina: Il logo della Cgil; nel pezzo: Palazzo del Quirinale, 4 luglio 2019, visita ufficiale del Presidente della Federazione Russa, durante il primo mandato del Presidente Mattarella