
Non solo street art
di Simona Maria Frigerio
La mostra al Palp di Pontedera, fino al 9 novembre, propone una selezione di street artist (ma non solo), dei quali sono esposte opere su carta, tela o, comunque, nate per una fruizione museale.
La prima sala vede l’iperrealismo irriverente di TVBOY confrontarsi con l’autoritratto di Van Gogh reinterpretato come un selfie (Vincent’s Selfie, tecnica mista su tela, 2021) o con un verso di una famosa canzone di Guccini (Cyrano), “Venite avanti” (tecnica mista su carta, 2020), trasformato nell’immagine dello stesso cantautore accanto ad altri personaggi – stretti come boat people su una specie di tinozza persa in mezzo al mare.
Curioso, Blend (olio su tela, 2018) del surrealista Angelo Accardi che, nella medesima tela, rimanda a opere di vari artisti contemporanei, dall’immagine iconica della bambina di Banksy – che campeggia anche sui manifesti della mostra – ai celeberrimi omini di Keith Haring fino alle flowerball di Takashi Murakami (anch’esse in esposizione).
Nella sala successiva campeggiano due scatti sapientemente scenografati di David Lachapelle. The Holy Family with St. Francis (stampa a pigmenti su dibond, 2019) mostra una splendida giovane nera nel ruolo della Madonna e un San Giuseppe altrettanto giovane, biondo e aitante immersi in una specie di giardino dell’Eden. Accanto, l’altrettanto irriverente Rebirth of Venus (stampa a pigmenti su dibond, 2009), che reinterpreta il capolavoro di Botticelli in cui la conchiglia (con tutti i suoi significati metaforici) di un paguro è posizionata – da una Sacerdotessa Hora, in versione maschile e glam – come una foglia di fico a celare la vulva della dea; mentre Zefiro, in versione satiresca, soffia in un’altra conchiglia come se fosse un corno. Nella stessa sala anche la feroce critica alla società consumistica e alla riduzione dell’individuo a massa indistinta di consumatori di Liu Bolin.
Andando avanti, in realtà, si fa un passo indietro nella storia dell’arte contemporanea con due serigrafie (Marilyn e i chicken noodle della Campbell), oltre all’album dei Velvet Underground featuring Nico, firmati dal padre della pop art, Andy Warhol: come far salire sul piedistallo di icona artistica una scatola di un prodotto di consumo o far pagare come pezzo unico un’immagine serigrafica, ovvero riproducibile all’infinito.
Interessanti, nella sala successiva (accanto alle coloratissime e decisamente pop ‘balls’, di Takashi Murakami), le tre opere a cavallo tra opt art e pointillisme di Dimitri Likissas, che ci hanno rammentato i recenti lavori di Ai Weiwei con i mattoncini della Lego, esposti a Galleria Continua (1) o le illusioni ottiche care a Salvador Dalí e che abbondano nel suo Teatro Museo di Figueres (2).
Di Mr. Brainwash, purtroppo, non sono in mostra le sue installazioni con un approccio performativo ma è interessante notare la sua reinterpretazione/omaggio a stili e opere di artisti del recente passato. Ad esempio, in Popey Mondrian (serigrafia, 2019) non solo inserisce il famoso personaggio dei fumetti tra i celebri riquadri dai colori puri ma, indirettamente, omaggia anche l’iperrealismo fumettistico di Roy Lichtenstein. Anche nei quadri accanto ritroviamo chiare citazioni di Haring o Warhol (persino quello meno noto ai Flowers hand colored, esposti al Palp in una precedente mostra, 3).
In una sala successiva, lo street artist OBEY espone una litografia offset su carta del 2008, intitolata We, the people, are greater than fear, in cui una donna porta come velo una bandiera statunitense. Il cortocircuito è immediato: chi deve avere o non avere paura e di chi? Gli States dell’integralismo islamico o, al contrario, un arabo della cosiddetta guerra al terrore lanciata da Bush Jr e proseguita sotto le successive amministrazioni Dem e che ha ucciso, estradato illegalmente in Paesi in cui si pratica la tortura, e bombardato civili inermi per due decenni?
Al piano superiore una grande sala ospita opere di artisti di epoca, formazione, stile e tecnica decisamente non omogenei – da una parte i ben noti Mario Schifano e Damien Hirst e, dall’altra, le rivisitazioni pop disneyane di MaPo, la lieve opt art di Patrizia Casagranda ma, soprattutto, Valentina Restivo con un ritratto di David Lynch in acrilico, grog e smalto su carta (2025) e 15 illustrazioni che si ispirano a uno tra i suoi capolavori cinematografici, The Elephant Man (gouache e inchiostro su carta, 2025). Per inciso, ricordiamo che il regista è morto il 16 gennaio di quest’anno. Più che il ritratto, convincono le illustrazioni che colgono bene le atmosfere, il bianco e nero, l’empatia del personaggio e l’espressività del primissimo piano che hanno caratterizzato questo film del maestro del fanta-horror.
Nella sala successiva ritroviamo un’artista che conosciamo da anni e il suo mondo scabrosamente nero, Cristina Gardumi. La sua ricerca del Bianconiglio continua e certamente la sua Alice è più perversa e caustica dell’eroina di Lewis Carroll.
Mentre, nell’ultima sala, sono esposte alcune serigrafie (solo una firmata) di Banksy, personaggio di cui in realtà si sa poco o niente e non si è nemmeno certi che, sotto lo pseudonimo, non si celi un collettivo di artisti – anche perché, non vendendo i propri murales, ci si domanda come possa permettersi di comparire ai quattro angoli del globo firmando stencil che rimandano ai temi più svariati e interpretabili, spesso, come politicamente fa più comodo.
Alcune immagini sono decisamente urticanti, altre ironiche, altre ancora poetiche o persino romantiche; molte denunciano la guerra, la violenza del potere, il neocolonialismo, la distruzione dell’ambiente. Ma proprio la tecnica impiegata e la sua mancanza di una forte impronta stilistica, oltre alla molteplicità delle problematiche e dei registri posti in essere nell’affrontarle, fa pensare più a un collettivo con alcuni obiettivi in comune che a una sola mano che si muoverebbe tra i vari continenti, pronta a lasciare un segno in luoghi pressoché sconosciuti ai più eppure precisi. Pensiamo, a proposito, al bambino che sembra voler assaporare sulla lingua i fiocchi di neve ma, in realtà, si tratta di cenere, quella di Port Talbot, nel Galles, dove sorge il più grande polo siderurgico del Regno Unito. E poi la stessa mano ricomparirebbe, con David and Goliath, a Kiev – interpretato dai media occidentali come la piccola e inerme Ucraina contro la grande Russia (visto anche l’abbigliamento da judoka di Golia e il fatto che il Presidente Putin pratichi tale arte marziale) ma che potrebbe essere il simbolo, per la popolazione del Donbass, della propria rivincita, dopo 8 anni di bombardamenti e persecuzioni, contro Kyiv.
In mostra, comunque, si possono gustare alcune serigrafie mordaci come Bomb Middle England (2003) – in cui si può forse intravedere la denuncia contro le missioni di ‘pace’ britanniche? O Sale ends today (l’unica firmata, del 2017) in cui la Madonna, Maddalena e tre discepoli si sporgono verso la scritta come acquirenti compulsivi di questa società capitalistica che ha sostituito Dio (o la figura cristologica) con i beni materiali. Le interpretazioni sono sempre personali.
Non dimenticate di regalare qualche minuto alla sala dedicata ai lavori preparatori per il murale coi meccani, eseguito da Baj a Pontedera e inaugurato nel 2006.
La mostra continua:
BANKSY & FRIENDS. Storie di artisti ribelli
a cura di Piernicola Maria Di Iorio
PALP
piazza Curtatone, 1 – Pontedera (PI)
fino a domenica 9 novembre 2025
orari: da martedì a domenica e festivi dalle ore 10.00 alle 19.00. Chiuso il lunedì
nel mese di luglio: martedì e giovedì dalle ore 17.00 alle 23.00; mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle ore 10.00 alle 19.00
nel mese di agosto: dal 4 al 10, da martedì a domenica, dalle ore 17.00 alle 23.00; dall’11 al 17, chiuso; dal 18 al 24, da martedì a domenica, dalle ore 17.00 alle 23.00
(1) https://www.inthenet.eu/2024/04/19/the-citrus-project-ai-weiwei-zhanna-kadyrova/
(2) https://www.viaggibarcellona.it/museo-dali-figueres/
(3) https://www.inthenet.eu/2021/11/26/andy-warhol-icons/
venerdì, 20 giugno 2025
In copertina: La Locandina della mostra (particolare per ragioni di layout)