
Ti addormenti a Bangkok e ti risvegli in manicomio. Seconda parte
di Simona Maria Frigerio
Parentesi brioche alla nutella. Un attimo di pura goduria dopo gli odori ammorbanti della cucina dell’aereo, con le sue monoporzioni (di cui argomenta mirabilmente uno dei protagonisti di Fight Club), quel vago aroma di cicoria riscaldata appestante (nonostante sul volo non avessero servito né tè né caffè caldi), il retrogusto di un pollo al bambù viscido come bava e di un arrotolato indefinibile al vago sapore di formaggio olandese… Ma adesso mani e labbra hanno bisogno di una passaggio in bagno e, mentre cerchi disperatamente la carta o i vecchi, cari rotoli asciugamani in stoffa, ti accorgi che li hanno sostituiti con due asciugamani elettrici che dovrebbero essere – come da adesivo bene in vista – ecologici (e nessuno che si chieda mai con che cosa si produce l’energia elettrica per farli funzionare: gas da fatturazione idraulica Made in US o carbone?).
Si riprende il viaggio.
Prima tappa, ovviamente, acquistare i biglietti. Non tanto ovviamente, visto che se paghi in contanti, in Stazione Centrale, il totem distribuisce i biglietti in maniera democratica ma i cassieri chiamano prima i clienti per i pagamenti elettronici. Tu, allora, ti vedi passare davanti uno, due, quattro viaggiatori mentre – da ex alunno con reminiscenze di educazione civica – hai la consapevolezza che si debba favorire il pagamento con carte, per evitare l’evasione fiscale, ma non capisci perché questo comporti che non vada rispettata la fila… Acquistato finalmente il biglietto, l’impiegato di Trenitalia ti ricorda di timbrarlo prima di salire sul treno. Guardi il biglietto e noti il solito spazio, sotto la riga nera, per effettuare l’operazione. Annuisci ringraziando e sali al piano di sopra. Notando di essere in anticipo, osservi soddisfatta un cartello in inglese che indica una comfort zone. Ti ci approcci col vago ricordo delle vecchie sale d’attesa che, pur essendo affollate e, spesso, con le pareti intrise dell’odore di fumo dei tempi che furono, avevano di buono di essere calde in inverno e, se eri fortunato, condizionate in estate. Visti l’alba livida e il sole incapace di scaldare, tipici dell’inverno milanese, pregusti un po’ di tepore… e ti sbagli: una sfilza di sedili in gran parte arrugginiti languono appena fuori dai tornelli della stazione e il comfort è solo quello scritto sul cartello, rigorosamente in inglese (visto che siamo in Italia).
A questo punto decidi di superare i tornelli e ti confronti con una stazione letteralmente blindata. Per accedere ai binari devi avere il biglietto con tanto di QR Code. Addio agli addii da Il segreto dei suoi occhi (quello originale, non il tentativo di remake statunitense) e agli incontri in stile Un uomo, una donna, tutta la poesia scade quando si inizia a litigare con il lettore di codice e ci si chiede che senso abbia blindare una stazione come se fosse Fort Knox! Ma il meglio arriva sulla banchina dove cerchi disperatamente di timbrare il biglietto. Sono scomparse le macchinette obliteratrici! Vai dalla security (sempre la solita mania provinciale di usare l’inglese al posto dell’italiano) e ti viene risopsto che devi salire sul treno e fartelo timbrare dal capotreno perché le macchinette (fuori uso due volte su tre) non ci sono più. Ti sembra una risposta insensata: il capotreno si metterà mica a timbrare ogni biglietto con tutti i viaggiatori e il sali e scendi di un regionale? A questo punto ti rivolgi a uno che la deve per forza conoscere la risposta: l’uomo delle pulizie! Chi meglio di lui, che passa le giornate sulle banchine, sa dove sono finite le obliteratrici? Ma la risposta è simile sebbene più ragionevole: ci pensa il capotreno a timbrarlo, quando passa per il controllo dei biglietti.
A questo punto ti arrendi e sali malgrado una vaga preoccupazione: perché ben tre lavoratori, nella stessa stazione, ti hanno dato tre risposte differenti e non sai se cercare il capotreno e autodenunciarti o attendere, seduta, che lo scopra da solo che non sei riuscita a timbrare… Ti mordi le labbra in ansia, non sapendo che pesci prendere, quando una voce preregistrata ti spiega che i biglietti dei regionali, i cari vecchi chilometrici, adesso si convalidano automaticamente salendo sul treno e non c’è più bisogno di fare (e ‘daglie’ con l’inglese!) il check in… Ti fermi un attimo a ragionare. In pratica, comperi un biglietto per una tratta, magari giorni prima della partenza e, se vuoi cambiare data – prima della partenza – puoi farlo, ma se all’ultimo minuto perdi il treno per qualsiasi ragione, nessuno ti restituisce quanto hai pagato né puoi usare quel biglietto, magari, il giorno dopo. Tutta la bella frase di spiegazione preregistrata – che ti dà l’impressione che un Grande Fratello ti stia osservando per obliterarti, insieme al biglietto, nel momento in cui metti il tuo piedino sul treno – è, in realtà, la perifrasi di una fregatura. Prima, coi chilometrici, viaggiavi quando volevi, timbrando il biglietto. Adesso Trenitalia risparmia sulla manutenzione delle macchinette e scarica sulle tue capacità tecnologiche l’onere di informarli se anticipi il viaggio e, sulle tue spalle (o meglio, sulle tue tasche), l’eventuale impossibilità di partire… Ma perché in stazione non lo sa nessuno? Non vorrete dirmi che, chi lavora in ferrovia, si guarda bene dal viaggiare in treno?
Quando finalmente ti accomodi pregustando un pisolino, dopo aver sudato come una bestia da soma cercando di infilare il trolley tra due file di sedili e lo zaino sulla rastrelliera troppo bassa per contenerlo, ecco che l’ennesima egocentrica, con tanto di iPad, ti si piazza accanto e inizia a guardare delle pubblicità intervallate da un serial. Tu ci provi a non ascoltare, ma la tipa così smart&chic, di mettersi le cuffie non ci pensa proprio… E allora ci riprovi a farti cullare dal rumore sordo del treno, da quel vago cigolio, ma la tua mente torna e ritorna alle insensatezze degli spot. “Sentirsi bene è naturale”: il cervello ti sfugge di controllo e inizia a urlare… Ma col colesterolo alto, mica ti senti male! “Star bene” non gli veniva? Era troppo difficile? Senza soluzione di continuità, ecco gli onnipresenti assorbenti. 60 secondi di puro terrore col refrain “Non sono mai solo mestruazioni”. Dai pure una sbirciatina al volto dell’adolescente seduta sul cesso con le treccine e ti chiedi a chi sia venuto in mente di usare quell’immagine, che piacerà sicuramente ai pedofili, e quell’impianto da trailer horror, se non a un sadico che voglia spaventare una ragazzina che sta semplicemente scoprendo il suo corpo e un fatto naturale che si ripeterà a cadenze lunari… Prima che scenda, non puoi evitarti di sbirciare l’ultimo modello di auto. La tecnologia, che tu pensi siano micro-pannelli solari per auto-generare energia elettrica con la quale muovere il veicolo, scopri essere l’infotainment digitale, che potremmo tradurre in divertimento informativo (un ossimoro), ma ci viene in mente che uno, alla guida, non può certo mettersi a vedere un film o permettere che lo vedano gli altri nell’abitacolo, distraendolo peggio che con un cellulare! Mentre lo stile… anzi, il design (ennesimo insopportabile anglicismo) è iconico: un altro ossimoro per mascherare il fatto che si tratta sempre dello stesso modello da oltre vent’anni, scopiazzato male da quello originale degli anni 60. E infine, il meglio arriva con la compagnia telefonica che offre, a chi si abboni al telefono fisso (quello che ci hanno fatto abbandonare per il cellulare, che ci costringe a essere reperibili sempre, ovunque e al primo squillo!) tot mesi di Telepass e soccorso stradale. Ora, delle due una: o uno sta molto in casa e sente la necessità (chissà perché) di tornare al fisso (a meno che in casa lavori e col fisso abbia anche un wifi migliore, non è lecito sapere) o viaggia e del fisso non sa che farsene! La logica è una qualità che sfugge ai pubblicitari o ai telespettatori?
Si può sopravvivere a un rientro?
Lo scoprirete nell’ultima parte, la prossima settimana. To be continued (perché ci cascano tutti, sempre…)
Quinto racconto della raccolta Siam o mai più (tutti i diritti riservati)
Per chi si fosse perso i precedenti:
venerdì, 20 giugno 2025
In copertina: Il simbolo di Milano, il Duomo (foto della Redazione di InTheNet, tutti i diritti riservati)