
Termodinamico e fotovoltaico a confronto
di Luciano Uggè
Negli ultimi mesi si è molto parlato della chiusura del più grande impianto solare termodinamico al mondo, esteso su 3.500 ettari del deserto del Mojave – negli Stati Uniti. Un progetto fortemente voluto dall’allora Presidente Obama, tanto che fu finanziato in gran parte con fondi pubblici (1,6 miliardi di dollari su un totale di 2,2 miliardi) ed edificato su terreno federale. Inaugurato nel 2014 (con una vita media di vent’anni e che si stimava avrebbe operato – visti i contratti in essere – addirittura fino al 2039), chiude anticipatamente in quanto i suoi gestori (aziende private) non lo considerano più ‘redditizio’ (e questo valga da esempio quando si vuole conferire al privato la possibilità di gestire beni comuni, finanziati oltretutto con le tasse dei cittadini).
Nonostante l’energia solare sia non solamente rinnovabile, pulita e sicura, già quando fu costruito questo impianto non ottenne il plauso degli ambientalisti (fatto non nuovo, dato che si lamentano di tutto: dall’inquinamento visivo delle pale eoliche alla deviazione dei fiumi in caso di energia prodotta da cascate artificiali o dighe), in quanto avrebbe provocato la morte di migliaia di uccelli e tartarughe.
L’Ivanpah Solar Electric Generating System per oltre una decina d’anni è riuscito a fornire energia elettrica a circa 140.000 unità abitative utilizzando la termodinamica che – nel caso specifico – permette di scaldare una turbina a vapore, la quale riceve il vapore prodotto dai collettori solari. In ognuno dei tre impianti il sistema di alimentazione si trova in cima a una torre e include due boiler a vapore scaldati da gas naturale: uno ausiliario – per l’input termico alla turbina a vapore, la mattina, finché l’impianto non raggiunge la temperatura necessaria – e un altro per la conservazione del calore durante le ore notturne. Ogni impianto, inoltre, è dotato di un sistema di raffreddamento per conservare l’acqua, rimetterla in circolo e limitarne il consumo.
Purtroppo l’impianto non è più ‘redditizio’ per le aziende che lo gestiscono a causa principalmente di due motivi: i pannelli fotovoltaici hanno visto una riduzione di prezzo di oltre il 70%, diventando competitivi sia per uso domestico che industriale; e gli investimenti pubblici si stanno sempre più orientando verso i sistemi fotovoltaici.
Eppure il termodinamico non è una tecnologia obsoleta (come dimostra la Spagna, di cui scriveremo più oltre), offrendo diversi vantaggi rispetto al fotovoltaico, tra i quali il fatto che può immagazzinare energia per il consumo notturno senza utilizzare batterie; e, grazie alla stabilità del sistema, consente di generare energia in base alla richiesta, coprendo quindi anche le ore di maggior consumo.
Dagli States alla Spagna
Totalmente diversa la situazione nel Paese iberico dove, grazie al Nobel per la fisica, Carlo Rubbia, il termodinamico ha ottenuto finanziamenti statali tali da trasformare la Spagna nel leader mondiale con 2.300 MW di energia solare termica installata, che riescono a coprire il 4,4% del fabbisogno energetico estivo; e che si sta impegnando a sviluppare tecnologie ibride per aumentare efficienza, efficacia e diminuire i costi di produzione.
Se questo è sicuramente un dato in controtendenza, teniamo conto che stiamo parlando (e unicamente nei mesi estivi, in un Paese molto caldo e assolato) del 4,4% del fabbisogno energetico di una nazione.
Ma cerchiamo di spiegare in breve come funziona un impianto termodinamico. Attraverso degli specchi cilindrici parabolici che concentrano i raggi solari in un fluido termovettore (il metodo più usato in Spagna), oppure degli specchi piani mobili, che riflettono i raggi verso un ricevitore centrale situato su una torre (come negli States, dove gli specchi sono però anche parabolici lineari), si genera vapore che, a sua volta, muove una turbina. Questa, essendo collegata a un generatore, produce energia elettrica, la quale a sua volta è immessa in rete per il consumo abitativo e industriale. Proprio questo passaggio intermedio del vapore (mentre i pannelli fotovoltaici trasformano direttamente la luce solare in energia elettrica) permette di immagazzinare l’energia grazie a sistemi a sale termico – generando elettricità di notte o durante le giornate nuvolose.
Infine, esistono specchi piatti anziché parabolici (detti riflettori lineari di Fresnel), che riducono i costi; e i piatti parabolici Stirling, ossia dischi che concentrano la luce solare, ognuno, su un motore Stirling accoppiato a un generatore.
Al momento, dati alla mano, in Spagna la potenza del termodinamico solare immesso in rete raggiunge i 2300 MW. Negli Stati Uniti i 1577 MW: grazie a termodinamico e fotovoltaico, gli States coprono il 4,8% della produzione totale di energia. La Cina ha raggiunto una capacità solare installata cumulativa di oltre 886 GW, ovvero quasi la metà dei circa 2.000 GW installati a livello mondiale. Inoltre, l’industria fotovoltaica cinese rappresenta oltre l’85% della quota di mercato globale ma, rispetto alla produzione di energia del Paese, solamente il 5% proviene da fonti rinnovabili (mentre si tocca quasi il 10% se si considera anche l’idroelettrico).
Dove sta andando l’Italia?
Dopo essere stata una punta di diamante nella sperimentazione del termodinamico, l’Italia (insieme alla Germania) ha scelto di finanziare il fotovoltaico – non sappiamo se per ragioni squisitamente politiche o consigliata da scienziati esperti nel settore.
Dal 2000 il fotovoltaico ha ricevuto “una forte spinta allo sviluppo grazie all’Italia (o meglio grazie ai poveri consumatori italiani) e alla Germania (stesso discorso). La conseguenza è stato un crollo dei costi di produzione, dato che grazie agli enormi investimenti (a suon di 5000-8000 euro/kW(p)) dei programmi di Berlusconi e Schröder, ma poi specialmente Merkel, è stata costruita una filiera apposita x FV usando silicio di qualità ‘sufficiente’ per il fotovoltaico, molto meno costoso dei cristalli di silicio altamente puri necessari per l’elettronica. Il che ha fatto crollare i costi del fotovoltaico a livelli tali per cui, partendo da zero, il fotovoltaico oggi è più conveniente del solare termodinamico se l’energia” (1) non deve essere immagazzinata ma utilizzata direttamente.
Proprio la questione delle batterie e degli investimenti ingenti da parte dei Governi ci fa sorgere dei dubbi sullo sviluppo del fotovoltaico. Così come le stime di resa dell’uno e dell’altro potrebbero aver favorito una visione troppo ottimistica – nel senso di compliance verso le aspettative – del secondo a scapito del primo (1).
Quello che resta in bocca è, però, un retrogusto amaro per varie ragioni. In primis, dove e come saranno smaltiti i 154mila eliostati del Mojave? In secondo luogo, quali e quanti Paesi dell’emisfero più industrializzato hanno lo spazio e/o le ore di luce solari sufficienti a coprire almeno il 10% del fabbisogno energetico degli stessi con fotovoltaico o termodinamico? Terzo, sicuramente nel giro di alcuni decenni la tecnologia (sia termodinamica sia fotovoltaica) avrà fatto passi da giganti e, si spera, sia a livello di superficie richiesta per la produzione di energia sia di batterie (o altro) per il suo immagazzinamento saranno trovate soluzioni efficaci ed efficienti, ma nel frattempo l’Agenda 2030 sembra sempre più irrealistica. L’obiettivo 7 (energia pulita e accessibile), in particolare – a fronte dell’aumento dell’estrazione e del consumo di gas da fratturazione idraulica, l’aumento dei prezzi dell’energia a causa delle sanzioni contro la Federazione Russa, e lo sdoganamento del nucleare, in Unione Europea, come energia green – ci dà la misura di quanto alle parole non seguano mai i fatti.
(1) https://it.discussioni.energie-alternative.narkive.com/R6EWDHeX/le-ragioni-del-mancato-decollo-del-csp-in-occidente
(2) https://www.agenziacoesione.gov.it/comunicazione/agenda-2030-per-lo-sviluppo-sostenibile
venerdì, 20 giugno 2025
In copertina: Foto di Kev da Pixabay