
Quando la pesca non è una pesca
di Simona Maria Frigerio
Osservare il tuo albero crescere, anno dopo anno, vederlo iniziare a fruttificare, combattere insieme a lui contro afidi e cocciniglie, potarlo con la cura di una manicure, e poi raccogliere quella prima pesca – dalla peluria morbida come la guancia di una bambina e dal profumo di shampoo da supermarket – è un’esperienza che radica, che ti fa sentire nuovamente parte di un ciclo di vita, morte e rinascita che si rinnova a ogni stagione e che continuerà anche quando quel pesco si sarà ormai rinsecchito sotto il peso degli anni e di troppi raccolti e tu lo abbatterai per farne legna per il camino o la stufa o, più prosaicamente, il barbecue.

A volte pensi che, al contrario, sarà l’ulivo, così stitico da averti partorito solo una manciata di olive in vent’anni, che ti osserverà rinsecchire e ritirarti – come un calzino di lana infeltrito – mentre cerchi di scaldarti ossa umide di tempo a una stufa che non riesci più ad accendere. Lui sarà ancora lì, nel fiore dei suoi anni migliori, e tu sarai polvere soffiata dal vento negli occhi di un cielo terso o brumoso. Brumoso come quello che vedesti in Vietnam, annerito dagli svolazzi di fumo di quei messaggi scritti con amore su foglietti gettati alle fiamme di un braciere perché i pensieri che esprimevano – in povere parole di inchiostro su carta – arrivassero al marito, al padre, all’amante, al figlio, a colui che era tornato al tutto senza lasciare niente – se non rimpianto. Coglierai tu un giorno quei pensieri persi nel vuoto?
E ti guardi intorno in quel tuo giardino segreto che hai curato anno dopo anno con la passione della contadina per hobby, che pian piano scopre come quei tempi e quei gesti siano connaturati all’essere umano più di quelli imposti dalla luce elettrica o dalla fabbrica, dalla scuola o da un sistema che ti attanaglia e dirige su binari certi dalla nascita fino alla morte. Occorre attendere: non puoi affrettare la maturazione di una pesca, accendendo la candela dai due lati. Devi rispettare i tempi e i ritmi di luce e buio, caldo e freddo, buone annate che regalano piogge abbondanti in primavera e sole cocente in pieno luglio, e poi sperare che la grandine non rovini il raccolto, o che una freddata di aprile non secchi i fiori spargendo corolle nell’erba che non si trasformeranno mai in frutti. Ma anche che la caccia alle lumache sia proficua e l’alveare continui a liberare le sue operaie tra i tuoi fiori di pesco e il nettare del trifoglio, che a sua volta nutre il terreno, come nel Medio Evo – e come sempre tornerà a fare là dove i concimi chimici sono troppo costosi o ci si può permettere il lusso di coltivarsi il proprio orto senza badare a spese e resa – per il solo piacere di farlo. Piacere da ricchi. Piacere da occidentali in vena di Provenza e ritorno alla natura.


E adesso sei qui, con la tua pesca in mano. Frazione di attimo che sfugge e già la carogna imputridisce il nocciolo di un’esistenza, se non fai attenzione a cogliere il frutto in tempo. E ti scopri a fremere. Fremere per ripartire. Per allontanare la consapevolezza che quella candela ardendo si consuma e la tua vita è come quella candela: nessuna possibilità di rincollare la cera colata, di riaccendere lo stoppino. Se ti adagi a un eterno ritorno non scoprirai mai il frutto che odora di marcio e che proibiscono negli hotel ma con il quale i Thai fanno di tutto – dai gelati alle bibite fino alle sculture giganti di plastica per attirare il farang senza fargli avvertire l’olezzo. Non assaggerai mai ciò che la tua natura respinge ma che altrove è prelibato nettare divino perché se non lascerai il tuo giardino non scoprirai un durian, dalla polpa giallastra che si scioglie come crema di mandorle sul tuo palato molle. Frutti pesanti come seni cadenti di vecchie balie da latte che pendono dai rami di alberi alti fino a 40 metri, come palazzi di dieci piani.
Restare significa addentare quella pesca matura dalla peluria morbida come la guancia di una bambina. Ma quella bambina, la conosci già.
Settimo racconto della raccolta Siam o mai più (tutti i diritti riservati)
Per chi si fosse perso i precedenti:
venerdì, 4 luglio 2025
In copertina e nel pezzo: Foto della Redazione di InTheNet, tutti i diritti riservati