
Le Ariette tornano in piazza con la cittadinanza
di Simona Maria Frigerio
Rieccoci con gli appuntamenti estivi di Territori da cucire e il rito laico del teatro, in questo caso, si declina nella lettura da parte degli abitanti della Valsamoggia di brani tratti dalla sceneggiatura de Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini.
Quello che colpisce e fa pensare è soprattutto l’introduzione di Stefano Pasquini – che, durante la lettura, è la voce over che declina gli stacchi tra le varie scene del film.
Pasquini sottolinea come il teatro sia arte povera, ovvero che si può fare anche in questo modo: persone che si ritrovano in una piazza ad ascoltare, intorno ad altre che raccontano. E, secondo, che i Vangeli fanno parte del nostro bagaglio culturale di italiani come lui – figlio e nipote di donne che, mezzo secolo fa, essendo cattoliche lo portavano in Chiesa e lui partecipava alle Messe come anni dopo, per scelta e da solo, entrerà in un teatro a celebrare un altro rito, ma laico: passando dal mito del Nuovo Testamento a quello della tragedia greca – da Cristo ad Antigone.
Ascoltando il racconto di PPP ci si domanda: a chi avrebbe paragonato oggi i bambini uccisi da Erode? Chi sarebbero gli innocenti della strage biblica e, per Pasolini, dei campi di sterminio nazisti? Sarebbero i figli di Gaza? I semiti che non fuggirono, che non possono qualificarsi come eredi della diaspora, ma che rimasero in Palestina e, forse, si convertirono all’Islam secoli dopo e da oltre 70 anni sono vittime di una strage che non è durata poche ore o una manciata d’anni ma che prosegue da tre generazioni? Semiti anche linguisticamente, oltre che etnicamente, in quanto i palestinesi parlano l’arabo (ma chi lo sa?).
Il Vangelo secondo Matteo non è un vangelo di pace, il suo è il Cristo del fuoco e delle verità assolute, il Cristo dei missionari nel Nuovo Mondo: “Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a mettere pace, ma spada. Perché sono venuto a mettere l’uomo contro suo padre, la figlia contro sua madre e la nuora contro sua suocera; e i nemici dell’uomo saranno quelli stessi di casa sua. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me. Chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà”.
Il protagonista di quel film, forse non tutti sanno che non era né un cattolico né un cristiano. In effetti Enrique Irazoqui, era un militante antifranchista e antifascista catalano, attore per caso, che resterà saldo nelle proprie opinioni politiche fino alla morte; scacchista, otterrà ben due lauree.
Tornato in patria al termine delle riprese, nel 1964, fu espulso dall’università e privato del passaporto dal regime franchista per aver partecipato a un film di ‘propaganda comunista’. Potrà riprendere gli studi solo emigrando in Francia, prima, e negli Stati Uniti, poi.
Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini non è nemmeno l’oleografico ritratto di un Gesù occidentalizzato alla Robert Powell – per la regia dell’esteta e scenografico Zeffirelli – ma una versione molto personale di un testo scabro, con un Cristo prossimo ai giovani delle periferie romane, calato nella miseria di duemila anni fa, emblematicamente ed esteticamente riflessa nella povertà del bianco e nero, nella grana grossa della pellicola. È villaggi di ‘brutti sporchi e cattivi’, uomini che vivevano di pesca e pastorizia, che lavoravano la terra e avevano unghie sudicie, e donne che si sposavano e figliavano come contadine del primo Novecento.
È il Vangelo di un cristiano irriconciliato con se stesso e con una fede che non potrà mai accettare la sua omosessualità. È il Vangelo di un cristiano irriconciliato anche con la sua fede nel comunismo, un materialismo storico che non può accettare l’‘oppio dei popoli’ che cinque, sei, sette secoli prima uccideva streghe o eretici, scienziati o infedeli e oggi si esporta (curiosamente affiancato dai valori dell’illuminismo) quale verità assoluta, superiore a quella di un Allah o un Siddharta con bombe ‘intelligenti’. Un cristiano che forse sapeva di non sapere ma che aveva bisogno di credere in un qualcosa o in un qualcuno che non è mai stato storicamente provato sia neppure esistito: nessun documento storico coevo a comprovare un’eclisse, un terremoto, una sentenza di Ponzio Pilato contro un qualsivoglia Yeshu’a (1) – e la ‘razza eletta’ dal medesimo Dio, in effetti, attende ancora quel Messia biblico di cui si è appropriato il cattolicesimo.
Ma Il Vangelo secondo Metteo è anche parte di una Trilogia, insieme a Edipo Re e a Medea, sul rapporto irrisolto di Pasolini con la propria madre. Non sarà un caso che Maria straziata dal dolore, ai piedi della Croce, sarà interpretata da Susanna Maria Colussi, madre di Pasolini. Non sarà un caso che Pasolini affronterà il proprio complesso edipico nel film del 1967 (quindi, posteriore di tre anni) con l’affascinante e seducente Silvana Mangano nel ruolo di Giocasta. Né che la Callas in Medea vivrà un rapporto molto intenso col regista. Medea, che non è solo la madre la quale uccide i figli per vendicare il tradimento di Giasone, ma è anche la madre che, uccidendo i figli, li protegge da un destino incerto e forse crudele in quanto prole di una donna ripudiata, ingannata dalla brama di potere dell’imbelle maschio di turno. E sappiamo tutti quanto fosse difficile il rapporto di Pasolini col padre – violento, militare, fascista, afflitto dal vizio del gioco, borghese e – oltraggio peggiore di tutti – uomo che giaceva con la madre.
Affrontare Pasolini è come spelare una cipolla: strato dopo strato sembra non si arrivi mai al cuore e, nel mentre, non si riescono a trattenere le lacrime – insieme di commozione e rabbia.
In chiusura di lettura scenica, Il testamento di Tito di Fabrizio De André:
Nei prossimi appuntamenti, proseguirà il racconto della sceneggiatura – anche e soprattutto – come stimolo di discussione tra i cittadini al termine di ogni restituzione.
Lo spettacolo è andato in scena:
mercoledì 2 luglio 2025, ore 20.00
Piazza di Monteveglio
Le prossime tappe:
mercoledì 9 luglio, ore 20.00
Piazza di Savigno
mercoledì 16 luglio, ore 20.00
Piazza di Castelletto
mercoledì 23 luglio, ore 20.00
Piazza di Crespellano
mercoledì 30 luglio, ore 20.00
Piazza di Bazzano
(in caso di pioggia, gli spettacoli sono rimandati a data da destinarsi)
ingresso libero
Un vangelo
a partire dalla sceneggiatura Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini
progetto e direzione artistica Paola Berselli e Stefano Pasquini
con la partecipazione di Alessandra Gabriela Baldoni, Alessandro Memoli, Andrea Ventura, Benedetta Paganini, Claudia Caputo, Clara Garagnani, Daniela Correggiari, Diana Vitale, Duilio Carli, Francesca Ganzerla, Germana Fratello, Giorgia Vivarelli, Giovanni Zanasi, Ghislaine Bourbon, Giulia Medici, Giuseppe Patti, Greta Boselli, Matteo Bagnoli, Morena Diamantini, Noemi Bettali, Paola Jara, Pasqualina Siotto, Roberta Trebbi, Valentina Nanni, Valentina Zoldan, Simonetta Politi, Stefania Scarlatti, Stefania Vigarani, Stefanie Bauman e Valeria Collina
organizzazione Irene Bartolini e Paola Berselli
ufficio stampa e comunicazione Raffaella Ilari
direzione tecnica Massimo Nardinocchi
social Raffaella Ilari e Benedetta Paganini
documentazione fotografica Alessandro Accorsi e Giovanni Battista Parente
sito web Martina Zanarini
undicesima edizione del progetto Territori da Cucire
direzione artistica Teatro delle Ariette
con il patrocinio del Comune di Valsamoggia nell’ambito di Bologna Estate 2025
(1) http://www.piergiorgioodifreddi.it/libri/religione/perche-non-possiamo-essere-cristiani/
venerdì, 4 luglio 2025
In copertina: La Locandina dell’iniziativa