E i sindacati se la cavano invocando protocolli e ordinanze
a cura degli RLS della CUB
È colpa del cambiamento climatico! Troppo caldo a giugno non c’è mai stato. Bisogna impedire, con apposite ordinanze, il lavoro nelle ore più calde.
Sono alcune dichiarazioni raccolte sull’ondata di calore delle ultime settimane e sulle condizioni in cui ci troviamo all’interno dei luoghi di lavoro.
Se da una parte le Regioni emanano ordinanze, dall’altra alcune ditte e cooperative applicano le norme evitando il lavoro nelle ore più calde ma, al contempo, o attuano tagli orari e salariali oppure impongono degli spezzati che vanno a peggiorare le condizioni di vita della forza lavoro aumentando le ore, a costo zero per le aziende, nelle quali si resta a loro disposizione.
Scuolabus senza impianti di aria condizionata, autobus del trasporto pubblico locale stipati e ridotti a un forno con temperature impossibili, uffici privi di pinguini, lavori di rifacimento dei plessi finanziati dal pubblico ma senza impianti di microclima, pretesa di aumentare le settimane di apertura di strutture scolastiche – senza mai avere previsto adeguati interventi a monte – queste sono solo alcune delle situazioni riscontrate.
Ogni anno è sempre la stessa storia, eppure deve scapparci il morto prima che ci si attivi, con le dovute misure di prevenzione e quasi sempre a costo zero per le imprese mentre i disagi sono scaricati quasi interamente sulla forza lavoro.
L’ultima ordinanza arriva dall’Emilia-Romagna, dopo la morte di un operaio accasciatosi al suolo per un malore durante una gittata sotto il sole (1). Immaginiamoci intanto quali sono le condizioni in cui si opera nei campi dove imperversano il nero e il caporalato.
Possiamo dirci soddisfatti per ordinanze che limitano l’esposizione prolungata al sole nei settori agricolo e florovivaistico, nei cantieri edili e affini e nei piazzali della logistica nelle giornate a rischio, ossia quelle con il bollino rosso? Per noi la tutela della salute e la sicurezza di chi lavora deve essere la priorità assoluta e, in quest’ottica, dovremmo prevenire il problema che si presenta anno dopo anno. Ad esempio, la riduzione degli orari a parità di salario con tanto di interventi contrattuali potrebbe essere una soluzione accettabile; come il disporre di ammortizzatori sociali in ogni settore; fino a investimenti reali, magari con i soldi risparmiati dal taglio del cuneo fiscale, da parte delle imprese per garantire un microclima adeguato. In molti posti di lavoro non è nemmeno distribuita l’acqua, mentre i dispositivi di protezione sono progettati con tessuti inadeguati.
L’estate arriva prima del tempo e con temperature roventi, il cambiamento climatico è una realtà da prendere in esame, o almeno dovrebbero farlo il Governo nazionale e le sue diramazioni locali. Servirebbe una legge da applicare ma, soprattutto, un rapporto di forza favorevole ai lavoratori perché, alla fine, a gestire le soluzioni è sempre chiamata la parte datoriale. E non ci vengano fornite risposte parziali e di circostanza quale la natura meramente occasionale del meteo! Le medie attuali rispetto a quelle del 2024, solo negli ultimi dieci giorni di giugno, sono salite dai 7 agli 11 gradi.
Lasciano il tempo che trovano i protocolli sull’emergenza caldo. Nel migliore dei casi si ottiene l’ammortizzatore sociale ma non la certezza che la stessa gestione del lavoro avvenga in termini umani e attenti alle istanze della salute e della sicurezza.
E gli stessi provvedimenti varati dalle Regioni restano del tutto insufficienti, la disattenzione verso il caldo non fa che aumentare le statistiche degli infortuni e delle morti sul lavoro: non vorremmo ritrovarci di fronte ad altri fatti gravi a rivendicare il semplice diritto al risarcimento quando sarebbe stato doveroso prevenire la situazione.
(1) https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/morto-lavoro-caldo-fiori-lacrime-video-abqameu7
venerdì, 18 luglio 2025
In copertina: Foto di Silviu on the street da Pixabay

