La fine del sionismo: unica garanzia di pace
di La Redazione di InTheNet
Abbiamo atteso a scrivere sugli ultimi eventi perché è troppo facile erigere barricate come ai tempi della Covid: pro o contro la Global Salmud Flotilla (che, comunque, sembra aver risvegliato le piazze se non le coscienze politiche); pro o contro gli scioperi generali in difesa di un popolo e contro un genocidio, invece che per rivendicazioni salariali di una categoria specifica; pro o contro Hamas o l’Autorità Palestinese; pro o contro Israele e il suo presunto diritto all’auto-difesa (a costo di commettere crimini di guerra, un genocidio e il bombardamento indiscriminato di Stati sovrani).
Troppo facile non fermarsi mai a ragionare e reclamare uno Stato per un popolo ormai senza terra, senza terra per colpa delle Nazioni Unite e dell’Europa macchiatasi dell’Olocausto, oltre che dell’ignavia britannica. Quando gli inglesi compresero, anche a suon di bombe sioniste, di non avere più i mezzi per difendere il loro impero coloniale, rinunciarono in tutta fretta a quel Mandato in Palestina, terra che sarebbe dovuta essere semplicemente restituita alla popolazione ivi residente, e fu invece suddivisa su basi etnico-religiose, contrariamente ai principi stessi dell’Onu.
Oggi il tradimento del popolo palestinese da parte degli arabi e della stessa Autorità Palestinese (completamente delegittimata, visto che da anni sono rimandate le elezioni per timore che vinca Hamas) è sotto gli occhi di tutti, come l’impotenza o l’inerzia dell’Onu e del suo Consiglio di Sicurezza – che non hanno mai fermato le guerre statunitensi ma si inchinano al volere degli States e di un Governo genocida, come quello di Israele.
Laddove sarebbe potuto nascere uno Stato laico e democratico nel 1948, oggi bisogna scegliere se accettare che il colonialismo e il razzismo sionista realizzino il progetto di superiorità razziale e conquista della cosiddetta terra promessa (che più che a una canzone di Eros Ramazzotti rimanda allo spazio vitale nazista); oppure se il mondo, finalmente, riconoscerà il diritto alla Resistenza del popolo palestinese. Solo la società civile israeliana potrà allora far pendere l’ago della bilancia: riconoscere la disumanizzazione dei palestinesi operata da Israele, l’occupazione illegale delle terre dei palestinesi, la costituzione di uno Stato anti-democratico, razzista, guerrafondaio e colonialista, che va dissolto.
Ebrei, cristiani e musulmani dovrebbero tornare a convivere in un unico Stato di Palestina, autenticamente laico, democratico, che riaccolga tutti i rifugiati della Nakba e diventi un esempio per tutti quelli che pensano che solo nella divisione, nella guerra, nella sopraffazione e nella morte del cosiddetto nemico vi sia un futuro. Utopia? Certo che se i palestinesi non possono nemmeno votare per i loro rappresentanti, difendersi con un esercito regolare e una forza di interposizione e garanzia seria, né essere presenti alle Nazioni Unite, anche un eventuale accordo tra Hamas e gli States diventerà solo l’ennesimo accordo che Israele disattenderà – come ha sempre fatto in passato (visti anche gli 800mila colonialisti – e non coloni – sionisti in Cisgiordania).
Gino Strada ha detto: “La pace non è solo l’assenza di guerra, ma la presenza di giustizia e uguaglianza”. Se gli ebrei in Palestina non lo capiranno, non vi sarà futuro. Lo Stato sionista che, oggi, sta solo mostrando il lato più feroce del suo vero volto, non avrà mai più alcun diritto morale per essere accettato nel consesso delle Nazioni democratiche – con o senza l’appoggio di Trump, Merz o Meloni.
venerdì, 10 ottobre 2025
In copertina: La conclusione della manifestazioni di studenti e lavoratori del 3 ottobre, in piazza a Lucca (foto della Redazione di InTheNet.eu)

