Alcor: una distopia seducente?
di Noemi Neri e Simona Maria Frigerio
L’articolo che segue è frutto di un approfondimento a quattro mani, in cui Frigerio si è occupata di chiarire dati e cifre, mentre Neri pone serie considerazioni anche di natura etica sulla questione della criopreservazione degli esseri umani o del loro cervello. Passando da film quali Apri gli occhi alla realtà, cosa propone Alcor all’élite occidentale?
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L’organizzazione no profit statunitense, denominata Alcor, ha appena lanciato il suo nuovo sito con relativa campagna di allargamento della membership. Ma cosa propone e a quale prezzo?
La conservazione delle sole cellule neuronali costa 80.000 dollari con la speranza – come affermano loro stessi – che “la tecnologia di domani potrà fornire un nuovo corpo sano” dove ‘alloggiare’ detto cervello. Ma a chi apparterrà il corpo? Si sta ipotizzando un corpo robotico o cresceremo dei corpi che serviranno quali pezzi di ricambio come nel romanzo di Kazuo Ishiguro, Never let me go, o cloni come nel film The Island?
Sempre dal sito apprendiamo che se non si possiedono tali cifre cash, la Alcor propone un’Assicurazione a Vita (il cui premio aumenta a seconda dell’età: più sei anziano, e meno anni hai per dare il tuo ‘contributo’…). La media è tra i 25 e i 45 dollari al mese, oltre a un contributo annuale di iscrizione (sempre basato sull’età) che va così calcolato: oltre i 19 anni, si moltiplica l’età dell’assicurato per 15 dollari e si ottiene il costo annuale della membership.
Se poi una persona intende conservare l’intero corpo e non solamente il cervello (nella speranza di averne un altro sano, grazie a non si sa quale tecnologia o scelta etica di una società futura), il costo sale a 220.000 dollari (in contanti). L’Assicurazione (nel caso non si disponga di tale cifra cash) aumenta a una media tra i 50 e i 75 dollari mensili, mentre il contributo per l’iscrizione annuale resta invariato.
Finora in quanti ci hanno creduto?
Nonostante la Alcor sia stata fondata oltre mezzo secolo fa (53 anni fa per l’esattezza), i membri (paganti) sono (in 28 Stati al mondo) 1.535, e i pazienti criopreservati solo 252.
La mission dell’organizzazione, oltre a quella di mettere i propri membri in biostasi, è di “riportare in salute e reintegrare nella società tutti i loro pazienti” (ma non si sa quando: tra un secolo o tre?), fornendo anche “l’istruzione pubblica per favorirne la crescita e supportare i loro obiettivi”. E qui sorge una domanda cruciale: di quale genere di educazione pubblica si parla? La Alcor finanzia le scuole perché favoriscano la conoscenza della criopreservazione o perché negli States (dove tutto è privatizzato) vi sia un sistema pubblico che, un giorno, dovrà provvedere al reinserimento di uomini e donne vissuti secoli prima e che non comprenderanno né la tecnologia e nemmeno il sistema socio-economico e valoriale che li dovrà accogliere?
A livello pratico
Nascere, vivere e morire non è un ciclo naturale che andrebbe rispettato perché – concettualmente – non si può avere tutto? E comunque, se una tale tecnologia funzionasse perché dovrebbe essere appannaggio solo di chi può permetterselo o appartiene a uno tra i Paesi dove opera la Alcor? Ma soprattutto, perché qualcuno dovrebbe voler sopravvivere al proprio tempo? E soprattutto ai propri cari – legami amicali, amorosi, familiari?
Praticamente, come si può lasciare la propria eredità a se stessi, visto che Alcor interviene solo quando la persona è legalmente deceduta e, quindi, i suoi beni sono passati agli eredi? E se anche vi fosse un modo legale per farlo, chi potrebbe essere certo che quei beni potrebbero essere sufficienti o utili in una società del futuro? Magari, tra tre o quattro secoli, l’oro non varrà più nulla e sarà il possesso dell’acqua o della terra o, ancora di un appezzamento su Marte, a determinare la ricchezza. Ne consegue che, senza beni, una persona che si risvegliasse tra alcuni secoli non avrebbe i mezzi materiali per procurarsi l’educazione e il reinserimento sociale necessari per non sentirsi come un paria.
D’altronde, come fa Alcor ad assicurare i cosiddetti ‘pazienti’ che in secula seculorum l’organizzazione esista ancora e i loro corpi non finiscano in una discarica, come in District 9, o in qualche laboratorio per la vivisezione già fra trent’anni?
Infine, chi può assicurare che la pratica così descritta sul sito funzioni: “Si accede ai vasi sanguigni maggiori per sostituire il sangue con una soluzione crioprotettiva (vetrificazione) in modo da proteggere i tessuti dai danni del ghiaccio durante il raffreddamento”? Provare a ‘risvegliare’ almeno un paziente fornirebbe la prova che funziona: perché non si è mai fatto? Forse perché manca ancora la procedura per ridare un corpo sano e funzionante al paziente, ossia con quella sostanza ‘vetrificante’ nelle vene non si può vivere, e si è più o meno mummificati come i santi nelle teche? Questo, secondo noi, andrebbe specificato meglio – invece di fornire pie illusioni.
Considerazioni etiche
Nessuno vuole morire, diciamocelo. Soprattutto nella società degli individui, dove ognuno si percepisce come singola unità e non come parte di un uno più grande.
Che lo vogliamo o no, però, moriamo.
In natura, infatti, ogni pianta, ogni animale, ogni stagione, ogni essere umano ha un proprio ciclo di esistenza. Cosa accadrebbe, invece, se fossimo immortali? Già l’arte ha provato a rispondere a questa domanda attraverso i film e la letteratura, ma al di là degli scenari distopici, la prima questione pratica che emergerebbe sarebbe quella del sovraffollamento del pianeta. Una questione ‘facilmente risolvibile’ bloccando le nascite. Ma riuscite a immaginare un mondo in cui gli esseri umani non hanno più l’istinto di sopravvivenza e lo scopo collettivo di perpetuare la specie?
Lasciando da parte le implicazioni psicologiche che questo comporterebbe, affrontiamo un aspetto meno pratico, quello etico. Ipotizziamo un mondo abitato sempre dalle stesse persone, in eterno. Quale potrebbe essere il nostro scopo nella vita se non avessimo un limite entro cui realizzarlo?
A questo proposito potremmo chiederci cosa renda bella un’esperienza. Indubbiamente per ognuno sono molteplici i fattori e i contesti entro cui si sviluppano gli avvenimenti della vita, se però riflettiamo bene, ce n’è uno presente in ogni esperienza: il tempo. Sapere che ciò che stiamo vivendo finirà, dà valore all’esperienza stessa. Ecco perché la sfida principale che siamo chiamati ad affrontare è l’accettazione della morte.
Il transumanesimo
Nonostante quanto scritto, c’è chi proprio non si vuole rassegnare. Una delle conseguenze di questa mancata accettazione è la nascita della ‘costituzione umana’ contenuta all’interno della Lettera a Madre Natura firmata da Max More, pseudonimo di un filosofo appartenente al movimento transumanista.
Il primo emendamento recita così: “Non sopporteremo più la tirannia dell’invecchiamento e della morte. Per mezzo di alterazioni genetiche, manipolazioni cellulari, organi sintetici e ogni altro mezzo necessario, ci doteremo di vitalità duratura e rimuoveremo la nostra data di scadenza. Ognuno di noi deciderà quanto a lungo potrà vivere”.
Se questo obiettivo resta ancora un’utopia e non rimuove la possibilità di morire, ma guarda al futuro, la Alcor, con la proposta di resuscitare i morti per mezzo della criogenesi, sta invece lavorando con l’intenzione di manipolare il passato.
Dovendo escludere, a rigor di logica, chi è morto a causa di una malattia e ha dunque il corpo compromesso, ipotizziamo di riportare in vita una persona morta di vecchiaia presumibilmente a 95 anni. Questa persona si ‘risveglierà’ anziana: quale sarà la sua nuova aspettativa di vita? La forza del progresso e dell’umanità stessa, non risiede forse nella pluralità e, dunque, nel ricambio generazionale?
E se entrassimo in discorsi escatologici, come cambierebbe la narrazione delle religioni che, in ogni parte del mondo, prevedono la morte, almeno del corpo, come parte della vita?
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Domande tante, e ulteriori ce ne porremo qui in Redazione. Nel frattempo, ai lettori lasciamo la possibilità di scriverci per suscitare un dibattito su questa nuova prospettiva – distopica o utopica – di vita al di là della vita.
venerdì, 24 ottobre 2025
In copertina: Il logo della Alcor

