Verso la Legge di Bilancio nel nome dell’economia di guerra
di Federico Giusti
La manovra economica non porterà soldi al welfare, alla sanità e all’istruzione – che diventeranno, invece, le vittime sacrificali per l’aumento delle spese militari. Eppure, ne avremmo grande bisogno visto che spendiamo meno della media europea: milioni di cittadini ormai rinunciano alle cure e molti altri ammettono di indebitarsi per sottoporsi a visite private in tempi accettabili vista la lunga lista di attesa nel pubblico (1). Ma da una prima e rapida lettura del Documento programmatico di Finanza pubblica si evince che il solo capitolo di spesa a essere incrementato (e in maniera sensibile) è proprio quello militare. Al contempo, scorrendo la stringata nota tecnica dell’Ufficio parlamentare di Bilancio gli elementi di criticità evidenziati vanno dalle prossime scadenze del PNRR ad autentiche minacce incombenti sulla UE (il protezionismo, le guerre e i piani di riarmo (2), fonti primarie di incertezza con effetti sull’economia di difficile quantificazione).
Concentriamoci allora sulle spese militari, sapendo che molti capitoli di bilancio afferenti ad altri ministeri non permettono la quantificazione veritiera della spesa complessivamente effettuata. In questo modo, e non certo da ora, diventa arduo non solo quantificare la spesa militare complessiva che risulterà, invece, inferiore alla media europea. E sarà agevolato il compito della propaganda governativa per presentare la Premier come una guida oculata e indipendente, attenta in prima istanza agli interessi nazionali.
I primi dati programmatici del MEF dicono che, in tre anni, dovremo versare 23 miliardi in più per le spese militari (si veda MIL€X Osservatorio sulle spese militari italiane, 3). Le spese per la difesa, quindi, aumenteranno nei prossimi anni, sebbene meno di quanto previsto dagli accordi Nato e Ue, che vogliono i loro muri di droni e di missili, oltre alle forniture di armi all’Ucraina: per verificarlo è sufficiente leggere gli articoli sulla stampa e, meglio ancora, il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp, 4).
La spesa militare crescerà di circa 3,3 miliardi in più l’anno prossimo, quasi 7 quello successivo e 12 miliardi dal 2028: fatti due conti, sono oltre 22 miliardi più di quanto speso fino a oggi. Ovvero, si passerà al 2,5% del Pil per la spesa militare arrivando, in 10 anni, al 3,5% di spese militari tradizionali, alle quali si aggiungerà oltre l’1,5% in spese per la sicurezza non meglio specificate, le missioni militari all’estero e altri ‘investimenti’ afferenti a vari capitoli e differenti Ministeri.
Del resto, un’economia di guerra che si rispetti ha bisogno di aumentare le spese militari, di prestiti dalla Ue, della clausola di salvaguardia comunitaria che esclude le nuove spese per la difesa dai tradizionali vincoli fiscali europei, nella speranza di uscire presto dalla procedura di infrazione (per avere superato la soglia del debito pubblico ammesso da Bruxelles, ossia il 3%) e accrescere ulteriormente le spese.
I miliardi spesi per la difesa potrebbero presto aumentare perché, esclusi dai parametri Ue (ossia, gli investimenti in campo militare sono computati in deroga ai tetti di spesa), l’ipotesi di emissione del debito, pagandone gli interessi, è una condizione essenziale per la tenuta del sistema che punta sulle imprese di armi per superare la crisi in cui si dibatte l’economia reale e, a tale scopo, stanno lavorando per riconvertire ad uso militare le imprese civili di settori in forte depressione.

Citiamo a tal riguardo una nota della scheda di MIL€X appena pubblicata (5): “Da notare come il nostro calcolo ‘complessivo’ non sia in contraddizione con la cifra di 12 miliardi indicata da altre fonti, perché in tal caso ci si riferisce esclusivamente alla somma degli aumenti tra un anno e l’altro (3,5 mld nel 2026 + 3,6 mld nel 2027 + 4,9 mld nel 2028), senza però tenere conto del cumulo degli aumenti e quindi della spesa aggiuntiva totale sul triennio riferita alla differenza tra lo scenario ‘in aumento’ deciso dal Governo come avvicinamento al nuovo standard NATO e lo scenario in cui si fosse mantenuto il precedente standard (senza quindi aumenti). Come già detto in sede di precedenti analisi previsionali, immediatamente successive agli annunci NATO, tale impatto dipende dal profilo di aumento scelto dal Governo (perché paradossalmente essendo la richiesta NATO solo quella di arrivare al 3,5% + 1,5% nel 2035, un Governo potrebbe alzare la spesa anche solo in quell’ultimo anno del periodo). Inizialmente avevamo assunto una crescita a gradini ‘equivalenti’ pari a +0,3% annuo mentre ora con il DPFP da poco approvato abbiamo una scelta definita e ‘reale’, almeno per i prossimi tre anni. Dunque, è possibile concretizzare ciò che interessa a noi fin dal principio: stimare l’effetto in aumento ‘complessivo’ rispetto al precedente scenario di richieste NATO, proprio per valutare quale impatto abbia sulla spesa pubblica l’allineamento anche del Governo italiano a tale nuovo standard. È ovvio, dunque, che per l’analisi qui proposta non contino solo gli aumenti ‘tra un anno e l’altro’ ma le differenze complessive rispetto allo scenario base (precedente) di standard al 2% del PIL”.
Tradotto in parole povere: se ogni anno aumento di 3 tra 3 anni non avrò + 3 bensì + 9. O meglio, – 9 per sanità, pensioni, mezzi pubblici, assistenza, edilizia popolare, scuola, università, ricerca. E allora, chi dovrà imbracciare i fucili prodotti al posto di banchi con le rotelle e bici elettriche comunali?
(1) Esperienza diretta di un membro della Redazione di InTheNet: lista di attesa per una visita audiologica in tutta la Toscana mesi 10
(2) Come scrive Marco Travaglio: “Il guaio è che la gente continua a schifare il riarmo da 800 miliardi contro nemici immaginari. Così Ursula gli cambia nome per la terza volta: da ReArm Europe a Prontezza 2030 (un ossimoro) a Preservare la pace (con più armi: altro ossimoro). Il prossimo sarà Diversamente Disarmo o Sex Bomb”
(3) Si veda: https://www.milex.org/2025/06/25/decisioni-nato-per-il-35-in-spesa-militare-pura-litalia-dovra-sborsare-700-miliardi/
venerdì, 31 ottobre 2025
In copertina: Nella foto l’esercito di terracotta, seppellito nel mausoleo del primo imperatore cinese, Qin Shi Huang, per proteggerlo nell’aldilà (Xi’an, III° secolo a.C.). Foto di Squirrel_Photos da Pixabay. Nel pezzo: grafico pubblicato da MIL€X (come da link citato)

