
Così si fermano l’inquinamento e la fame nel mondo?
di Roberto Rinaldi
L’ultima azione in ordine di tempo è quella di venerdì 4 novembre a Roma: tre attiviste del movimento ambientalista Ultima Generazione hanno tentato di sporcare con una vellutata di piselli il quadro Il Seminatore di Van Gogh, in esposizione a Roma nel Palazzo Bonaparte con la seguente motivazione: “Si tratta di un grido disperato e scientificamente fondato che non può intendersi come semplice vandalismo, ma della manifestazione di un amore viscerale per la vita e per l’arte. Chiediamo solo un intervento serio e tempestivo dei governi. Le azioni dirette non violente continueranno finché i cittadini non avranno risposta dal proprio governo sulle istanze di stop al gas e al carbone e di investimento in almeno 20 GW di rinnovabili”.
Nella loro rivendicazione che assomiglia sempre più a tentativi di emulare gli episodi precedenti in altre città europee, vengono usate espressioni in modo improprio per far credere che non c’è nessuna intenzionalità vandalica “ma un grido disperato e scientificamente fondato” per dimostrare che sia una “manifestazione di un amore viscerale per la vita e per l’arte”. O forse per ottenere i tanti sospirati like sui social? O attirare l’attenzione fine a se stessa? Se imbrattare opere d’arte non è un gesto vandalico ci si deve interrogare sulla loro presunta buona fede. L’attivismo per la salvaguardia dell’ambiente va sempre difeso e sostenuto, a patto che non si trasformi in azioni ideologiche che nulla hanno a che vedere con legittime proteste e iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica.
Quanto accaduto in Germania e a Londra dimostra il contrario: gesti ʻviolenti’ verso dei capolavori pittorici la cui unica colpa è quella di essere dei quadri celebri realizzati da artisti altrettanto famosi. Due attivisti del gruppo ambientalista tedesco Letzte Generation (Ultima generazione) sono entrati nel Museo Barberini di Potsdam in Germania e hanno lanciato del purè di patate su un quadro di Monet (una delle due versioni dei Covoni) che non ha creato danni all’opera in quanto protetta da un vetro. Il gesto è stato rivendicato per segnalare la crisi climatica e la povertà delle popolazioni minacciate da carestie e fame. Non paghi della loro azione hanno pensato anche di incollarsi le mani sulle pareti del Museo, di fronte a increduli visitatori spaventati dal gesto appena commesso.
La prima osservazione critica è quella di non approvare quanto fatto, ma di stigmatizzarla, visto il risultato: un’azione autoreferenziale, esibizionistica e poco produttiva per la causa. Se si agisce in un contesto mediatico tale il risultato sperato non porta da nessuna parte, se non quello di finire nel tritacarne mediatico e sui social, grazie al loro video divenuto virale in poche ore. Non va nella direzione sperata (denuncia obiettiva e razionale dei problemi che inquinano e surriscaldano il pianeta Terra), ma più semplicemente, un’enfatizzazione fine a se stessa di un gesto inutile. Tentare di sporcare un quadro (patrimonio dell’umanità) cosa produce se non un’auto affermazione di chi lo ha commesso?
Gli attivisti del movimento Just Stop Oil (Fermate il petrolio) hanno pensato di usare salsa di pomodoro per sporcare (invano, per fortuna, visto che i quadri sono protetti da vetri) I girasoli di Van Gogh e La ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer. Appare sempre più una modalità autoreferenziale per attirare l’attenzione su se stessi piuttosto che denunciare la crisi ambientalista. Tipico di una moda sempre più dilagante di usare azioni dimostrative da far circolare sui social in modo virale ma con un risultato per nulla convincente.
Chi ha cercato di sporcare il quadro di Monet (Letzte Generation) spiega nel video messo in circolazione il motivo della protesta: «La gente è affamata, ha freddo, muore. E tutto ciò di cui siete preoccupati sono una salsa di pomodoro o un purè su un quadro. Sapete per cosa sono preoccupata io? Sono preoccupata perché la scienza ci dice che non potremo dare da mangiare alle nostre famiglie nel 2050». Preoccupazione legittima ma fuorviante e mistificatoria perché mancano le conoscenze basilari per una comunicazione capace di andare oltre al gesto provocatorio e sensazionalista ad uso dei media che, per questo genere di azioni, sembra appassionarsi.
Aldo Grasso sulla sua rubrica Padiglione Italia, che tiene sul Corriere della Sera scrive: “Cosa vogliono dirci questi attivisti ecologici? Che non conoscono l’abc della guerriglia semiologica [ci vorrebbe Umberto Eco a fargli lezione, n.d.r.]. Ogni messaggio ha un aspetto di contenuto e uno di relazione, per le modalità con cui l’informazione viene espressa è violenta e aggressiva e quello che noi percepiamo è solo la prepotenza della comunicazione, dimenticando il contenuto, cioè la sensibilizzazione sui cambiamenti climatici. È un errore classico della pubblicità, quando si ricorda uno slogan ma non il prodotto a cui si riferisce”. Errore madornale che questi attivisti della marmellata e della salsa di pomodoro non hanno capito di aver commesso.
Anche quelli italiani quando hanno deciso di incollarsi al vetro che protegge il quadro La Primavera di Botticelli agli Uffizi di Firenze sventolavano uno striscione con la scritta “No gas, no carbone”. I video sono stati ripresi da tutte le televisioni e giornali che ne hanno parlato per giorni, ma solo per il gesto in sé e non per approfondire le tematiche ambientaliste. Persino uno scienziato italiano, costretto a stare fermo per ore sulla strada per la circolazione bloccata da attivisti nostrani, ha cercato di spiegare a chi era seduto sull’asfalto, che in questo modo non potranno mai ottenere nulla se non creare disagio ulteriore: «Così facendo fate in modo che i gas di scarico delle auto in attesa di ripartire aumentino e inquinino ancor più». Poche parole sensate per spiegare come sia controproducente pensare di sensibilizzare in questo modo l’opinione pubblica e tanto meno i media. La protesta per una politica che non si preoccupa di trovare soluzioni idonee per arginare l’inquinamento e tutto quello che ne deriva, va sostenuta, difesa, e approvata, a patto che chi intraprende una lotta pacifica non usi banali espedienti per attirare l’attenzione e cercare di rovinare capolavori artistici che sono patrimonio di tutti.
Non serve tirare purè di patate per fermare l’inquinamento e la fame nel mondo.
venerdì, 11 novembre 2022
In copertina: Il logo di Just Stop Oil.