
…ma si possono ordinare online
di Simona Maria Frigerio
I tempi cambiano. Oggi la sinistra appella ‘battaglia di civiltà’ rendere legittima, con un escamotage, la pratica della maternità surrogata che, in Italia, è vietata (sia per gli omo che per gli eterosessuali).
Premessa. La decisione del Comune di Milano – che era stata bloccata – permetteva la trascrizione diretta, all’anagrafe, dei figli di coppie omogenitoriali scavalcando due principi. Il primo, che se esiste una legge o una procedura giuridica (nel caso specifico quella dell’adozione di un bambino non in stato di abbandono) la stessa va applicata e, se la si reputa negativamente, si lotta a livello civile e politico per cambiare la legge o la procedura, non la si aggira. In secondo luogo che quando una coppia eterosessuale od omosessuale o un single utilizza una cosiddetta madre surrogata, non sta solo comprando nove mesi di tempo e il corpo di una donna (la quale, se maggiorenne e in grado di scegliere, in questo mondo mercificato, potrebbe avere tutti i diritti di vendersi il cervello come la vulva, passando magari per un rene), bensì acquista un neonato. E questo è ancor più evidente laddove la legislazione preveda che la madre surrogata possa recedere dal contratto e tenersi il bambino (e per questo si ricorre a ovuli di un’altra donna e alla fecondazione in vitro, impiantando uno o più embrioni nell’utero della madre surrogata così da rendere meno stretto il legame tra partoriente e nascituro).
Ora, la vera battaglia di civiltà sarebbe innanzi tutto evitare tifoserie – da una parte e dall’altra – e rimettere nelle mani della società civile la questione perché si apra un dibattito serio su ciò che è per la stessa accettabile – nei limiti etici e storici che stiamo vivendo. Dopodiché se si decide che, indipendentemente dalla ragione (essere una coppia omosessuale o eterosessuale ma sterile o, ancora, non voler interrompere la propria carriera o essersi accorte di voler diventare madri solo alla soglia della menopausa e così via), sia eticamente accettabile per la nostra società la compravendita di un bambino e, anzi, preferibile a una adozione, tale scelta dovrà valere, nell’ambito statale, per tutte e tutti. Ma prima, almeno le donne – soprattutto se si dichiarano femministe – dovrebbero porsi una domanda: dopo esserci tanto battute perché non fossimo equiparate a incubatrici, è oggi battaglia di civiltà trasformarci in incubatrici a pagamento?
Nessuna alternativa alla madre surrogata?
Ovviamente prima di decidere si dovrebbero affrontare almeno altri due discorsi. Il primo è quello del matrimonio delle persone omosessuali e del diritto all’adozione. La sinistra che oggi blatera di diritti arcobaleno non rammenta che era Renzi, il Premier, quando venne approvata la Legge Cirinnà, ossia la L. 76/2016 sulle unioni civili. Un istituto giuridico che si potrebbe definire di ‘serie B’ dato che non parifica ufficialmente coppie omo ed eterosessuali prevedendo alcune clausole che rendono più precaria, o meno solida, l’unione tra persone dello stesso sesso. Innanzi tutto, se viene meno il legame affettivo, ognuno dei partner può chiedere il divorzio, anche senza il consenso dell’altro, senza nemmeno un periodo di separazione ma semplicemente comunicando: “all’ufficiale di stato civile, anche in modo disgiunto, l’intenzione di separarsi”. Inoltre, “non è previsto l’obbligo di reciproca fedeltà né la possibilità di adottare un bambino”. La giurisprudenza, su quest’ultimo punto, ha parzialmente deciso altrimenti: vi sono state diverse sentenze, in questi anni, che hanno ammesso almeno l’adozione del figlio biologico del partner in base all’art. 44, comma 1 della Legge sulle adozioni che, alla lettera d, permette l’adozione di un bambino non in stato di abbandono – come il caso in questione, trattandosi di figlio o figlia (biologico/a o di madre surrogata) di uno tra i due partner – con l’adottante che assume il ruolo di genitore sociale.
Il secondo fattore da tenere in considerazione è che se l’argomento denaro fosse eliminato dal tavolo della discussione, si potrebbe ragionare su ben altro: su un atto d’amore. A proposito l’Associazione Luca Coscioni ha proposto l’idea di Gravidanza solidale per altri, ossia la possibilità di prestare gratuitamente il proprio corpo. Immaginando che sarebbero amiche e sorelle a prestarsi a un tale atto – decisamente d’amore – non solamente si eviterebbe lo sfruttamento di donne non abbienti o provenienti da Paesi poveri ma si rifiuterebbe altresì l’idea che chi può permettersi tutto possa anche permettersi di comprare un figlio (visto che le cifre che girano sui mezzi stampa parlano di 100/200 mila euro per una maternità surrogata). Ovviamente, fatta la legge trovato l’inganno: il rischio sarebbe quello di una proliferazione di ‘amiche di famiglia’ pagate in nero…
La brutalità dei fatti
Ma tutta questa è teoria. Veniamo alla pratica. Abbiamo visitato, tra i molti presenti in rete, il sito della Gestlife (1), che si presenta come: “La principale agenzia di maternità surrogata in Italia”. La stessa ha un’intera sezione dedicata all’Ucraina: “Una delle migliori opzioni per gli europei, poiché è uno dei Paesi in cui la maternità surrogata è più economica”. Visto però che c’è una guerra in corso, al momento si può optare per: “Georgia, Albania o Grecia (questi ultimi due Paesi appartengono alla NATO), oppure negli Stati Uniti”. Dal sito veniamo altresì a sapere che, sempre in Ucraina: “La saturazione dei processi di maternità surrogata (una clinica non può diventare una ‘fabbrica di bambini’) e la mancanza di controllo sulle gestanti ci hanno spinto a creare i nostri programmi, che oggi sono quelli che offrono il maggior numero di garanzie e servizi”. E infine che la coppia deve essere “eterosessuale sposata (non sono ammesse coppie non sposate, single o coppie dello stesso sesso). Il marito deve fornire il proprio materiale genetico. La futura madre deve presentare un certificato medico che attesti l’impossibilità di gestazione, ovvero che una gravidanza potrebbe mettere in pericolo la sua salute o quella del bambino, oppure deve essere in possesso di un certificato che attesti di essersi sottoposta a trattamenti di fecondazione assistita con 4 tentativi falliti”. In pratica la ‘mecca’ (in quanto ‘economica’) Ucraina aveva (prima della guerra) ‘fabbriche di bambini’ invece che cliniche, e sfornava figli a prezzi modici. Ma – si badi bene – solamente per coppie eterosessuali sposate e con madre sterile (o che si era già sottoposta al calvario di ben 4 tentativi falliti di fecondazione assistita). Coppie eterosessuali che avrebbero avuto accesso all’adozione, magari nella stessa Ucraina, dove è la Gestlife a descrivere orfanotrofi in pessime condizioni nei quali sopravvivono a stento bambini abbandonati (e per i quali l’agenzia versa il 5% dei propri guadagni, ottenuti da coppie che potrebbero adottarli e preferiscono ‘ordinarli su misura’). La chicca è che l’alternativa all’Ucraina, oggi, sarebbero dei ‘Paesi della Nato’: ci chiediamo se questa appartenenza sia rilevante per la fede politica del futuro nascituro.
Amenità a parte, veniamo ai tanto declamati Stati degli Us che ammettono la madre surrogata (non tutti e non in maniera uniforme). Sappiamo che in California va ormai di moda tra le star affittare un utero: carriera, mancanza di un partner ed età anagrafica parrebbero le ragioni addotte da dive del piccolo o del grande schermo per ricorrervi. Sembrerebbero poche, ormai, quelle che preferiscono adottare (sebbene ci risulti che negli States, o almeno in alcuni Stati, possano farlo anche i/le single).
La California non pone limiti e, quindi, può ricorrere alla madre surrogata anche un single o una coppia omosessuale. Scorrendo tra i siti, abbiamo trovato Fertility Miracles (2), che offre (gratuitamente, tengono a precisare) un album fotografico delle ‘surrogate’ (che, in inglese, perdono l’appellativo di madri o donne, trasformandosi nel loro ruolo), comprensivo delle foto dei loro familiari (con buona pace per la loro privacy). L’agenzia fornisce anche, ma non solo, informazioni psicologiche e sul passato della ‘surrogata’, le sue cartelle sanitarie e dà informazioni sui suoi convincimenti personali. Le ‘egg-donor’ (ossia le donatrici di ovuli) appartengono a qualsiasi etnia, hanno tra i 20 e i 29 anni, e sono “sane di corpo e di mente, non-fumatrici, e con alle spalle famiglie senza malattie genetiche”. Tornando alle ‘surrogate’, le stesse devono prestarsi a ricevere anche più embrioni (se i genitori/committenti lo richiedono), in base “alla qualità degli embrioni, l’età dell’‘egg provider’ e la quantità degli embrioni disponibili per il trasferimento”. “La quantità media è tra due e quattro. L’obiettivo è avere un solo figlio”. Inoltre, la ‘surrogata’ avrà un proprio legale “che le spiegherà in dettaglio le sue responsabilità, i ‘benefit’, il compenso, e la cessazione dei diritti parentali” (t.d.g.) – al che si desume che se cambiasse idea, sarebbe lei la madre del bambino nonostante lo svilimento a ruolo.
Sempre in rete, si trovano anche cliniche più ‘performanti’. The Fertility Institutes permette la selezione del colore degli occhi del nascituro (3). Sul sito si specifica che le loro procedure consentono: “ai nostri scienziati e medici di esaminare gli embrioni prodotti e con la fecondazione in vitro di determinare se alcuno degli embrioni porta i geni necessari per aumentare la possibilità di avere un bambino” con il colore degli occhi desiderato. Altrimenti cosa fanno? Li gettano in pattumiera e si ricomincia daccapo?, viene da domandarsi. Inoltre, con il “prezzo base più basso di qualsiasi programma per la selezione del genere negli States” (t.d.g., 4), si può anche scegliere il sesso. Il confine con l’eugenetica è stato ormai ampiamente superato e immaginiamo (visti anche i costi) una moltiplicazione garantita e certificata degli appartenenti ai Wasp (5).
Ma se la società, la nostra italiana, decidesse che non abbiamo solo diritti ma anche doveri e che ogni scelta comporta anche rinunce? Un figlio o un film?, ad esempio: visto che Hollywood ha fatto da apripista. Il no in questa nostra società non ha più un senso – educativo, etico, politico? Parlare di diritto alla famiglia significa parlare di diritto ad avere un figlio? Il diritto al lavoro, alla salute, all’educazione e all’assistenza è tutti i giorni calpestato, nel nostro Paese, ma sembra che l’unica battaglia che interessi la sinistra sia che tutti possano acquistare un figlio. Eppure, visti i succitati prezzi, significa ancora una volta il diritto di discriminare: non fra coloro che possono avere biologicamente un figlio o adottarlo e gli altri, bensì fra coloro che hanno maggiori o minori risorse.
L’idea del limite – anche a livello etico – è scomparsa. Eppure da bambini ci insegnavano che “l’erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re”. Ma in quello dei ricchi, sì.
* Il titolo riporta una frase che Filumena Marturano rivolge a Domenico Soriano nel dramma omonimo di Eduardo De Filippo
(1) Il sito di Gestlife: https://www.surrogacyitaly.com/legislazione-in-ucraina-sulla-maternità-surrogata.php
(2) Fertility Miracles, con sede in California: https://fertilitymiracles.com/parenthood/surrogacy-program/?gclid=CjwKCAjw5pShBhB_EiwAvmnNV6OqwZr-dWtvOaZkVNFvuuPR8u4-L4wv2AyFsUJuldcQz4l9tkZ8TBoCE6YQAvD_BwE
(3) The Fertility Institute pubblicizza la scelta del colore degli occhi del nascituro: https://www.fertility-docs.com/programs-and-services/pgd-screening/choose-your-babys-eye-color/
(4) “Lowest base price of any U.S. PGD gender selection program” in: (https://www.fertility-docs.com/programs-and-services/gender-selection/select-the-gender-of-your-baby-using-pgd/)
(5) Negli Stati Uniti, W.A.S.P. è l’acronimo per definire i privilegiati, ossia coloro che appartengono alla classe dei bianchi di origine anglosassone e di religione protestante (white anglo-saxon protestant)
venerdì, 5 maggio 2023
In copertina: Foto di PublicDomainPictures da Pixabay (gratuita da usare sotto la licenza Pixabay)