Eike Dieter Schmidt, Gianluca Balestra e Riccardo Massai: musei e contemporaneo – una sfida vinta
di Simona Maria Frigerio (arte) e Luciano Uggè (performance)
Il 18 luglio 1668 nei giardini alla francese di Versailles si tenne il Grand Divertissement Royal, con il quale il Re Sole magnificava se stesso e festeggiava la firma del trattato di pace di Aix-la-Chapelle con un magnifico banchetto e un secondo momento conviviale; la comèdie-ballet co-firmata da Lully e Molière, Georges Dandin, in scena nel teatro a trompe l’œil di Vigarani; un balletto allestito nel piccolo teatro progettato da Le Vau di forma ottagonale; e per gran finale, uno spettacolo pirotecnico. Il tutto tra giochi d’acqua, fontane e statue, grotte scenografiche e graticci ricoperti di verzure dove la Corte francese ciarlava, gozzovigliava, intrigava e si divertiva.
27 settembre 2023, i giardini all’italiana di Boboli, che incoronano Palazzo Pitti, dimora granducale dei Medici, ospitano Apocalisse a Boboli. Visioni dal Libro di Giovanni, uno stationendrama in cui i visitatori/spettatori seguono le visioni dell’autore, recitate e cadenzate in sei spazi elettivi – come la magnifica vasca ellittica con isolotto centrale, progettata da Alfonso Parigi, che ospita la statua monumentale di Oceano del Giambologna; oppure la vasca dell’architetto Zanobi del Rosso sovrastata dalla scultura bronzea di Nettuno, firmata da Soldo Lorenzi, che immortala il dio mentre inforca il suo tridente contro pesci, sirene e tritoni inseriti nello scoglio artificiale che lo sorregge.
Il giardino di Boboli, iniziato nel 1549 e realizzato lungo oltre due secoli da una serie di architetti, scultori ma anche scenografi o ingegneri – Bartolomeo Ammannati, Bernardo Buontalenti, Giulio e, in seguito, Alfonso Parigi il Giovine – è un piacere nel piacere. Aldilà dell’occasione della performance, ogni giorno può essere adatto per ripercorrere i viali che si arrampicano più o meno dolcemente sulla collina, suddividendo in forme geometriche e prospettive precise uno scenario naturale ritmato da siepi di diversa altezza, alberi di alto fusto, prati e sottobosco, arcate di rampicanti, specchi d’acqua, statue (anche di epoca romana) e persino da un obelisco originale proveniente da Luxor e da una vasca delle Terme di Caracalla – che dominano l’anfiteatro in muratura.
Fare teatro in questi giardini è, in realtà, tornare alle origini. Pensiamo, ad esempio, agli allestimenti creati da Alfonso Parigi il Giovine. Grazie alle tre incisioni di Stefano della Bella – Il Carosello, Parte delle figure dei balletti e Carro di Nettuno che divide la battaglia – possiamo farci un’idea, ad esempio, di Combattimento e Balletto a cavallo, co-firmato con Ferdinando Tacca e rappresentato nel 1652 presso l’Anfiteatro. Fu Tacca, nell’occasione, a ideare il meccanismo che trasformava l’enorme orca in una grandissima nave (il che, traslato al giorno d’oggi, farebbe pensare all’eccellente opera scenotecnica del Moby Dick di Teatro dei Venti – per la serie: corsi e ricorsi storici come artistici).
Ma Boboli ospita anche opere di scultori contemporanei che hanno saputo reinterpretare la bellezza, l’imponenza e l’idea della forma pura. Una tra le stazioni del dramma religioso (o laico a seconda della visione dello spettatore, che può rifarsi più alle parole del testo giovanneo o alle immagini tratte dal nostro quotidiano contemporaneo di Massai) vede protagonista il Tindaro screpolato di Igor Mitoraj (le cui opere imponenti e fragili avevamo ammirato l’anno scorso alla Città delle Arti e delle Scienze di Valencia), a latere del Prato dei Castagni, dove – per la performance – troneggiano sei arpe classiche. Nel 2019, il giardino aveva ospitato in maniera temporanea anche 16 opere dello scultore Tony Cragg, il maestro del contemporaneo barocco che magnifica le infinite potenzialità e varietà della forma.
Dalla scenografia allo spettacolo
Come abbiamo già annotato ci troviamo di fronte a uno stationendrama – in quanto le sei scene paiono stazioni di un pellegrinaggio (laico) verso la verità compiuto dal protagonista come dagli spettatori – oppure a un dramma a tappe, di matrice contemporanea/à la Strindberg, laddove si legga l’Apocalisse come un lungo monologo lisergico (o preveggente) del protagonista, Giovanni.
Il testo è, quindi, quello del Nuovo Testamento, nella sua versione integrale. Giovanni o, più probabilmente, un suo seguace (secondo gli esegeti biblici) descrive una serie di visioni, grondanti di simboli (anche numerici) e allegorie in cui si ravvisano non solamente citazioni dai Libri dei Profeti ma anche immagini che saranno riprese più o meno volontariamente da altri autori e poeti, nei secoli a seguire. Ricordiamo, ad esempio, che Dante si rifarà all’Apocalisse per descrivere la Chiesa come una meretrice e quasi la medesima invettiva della Commedia ascoltiamo nella quinta stazione, seduti sulle terrazze digradanti intorno alla Vasca del Tritone.
I 22 capitoli sono resi in maniera pulita, senza magniloquenza mattatoriale o enfatizzazioni inutili, che stonerebbero di fronte a un testo già tanto barocco e ricco di significanti e significati. L’ottima acustica permette di ascoltare il dettato della parola da qualsiasi punto ci si posizioni come spettatori, mentre le immagini che si aprono a ventaglio tutt’intorno hanno una valenza tautologica, ribadendo con le figure interpretate da comparse, danzatori, trampolieri, mangiatori di spade, angeli, cavalieri, eccetera, quanto descritto dall’interprete. Per esemplificare, laddove il testo recita: “Poi vidi il cielo aperto, ed ecco apparire un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava si chiama Fedele e Veritiero, perché giudica e combatte con giustizia”, vediamo un cavaliere montare un cavallo bianco.
Nella terza tappa, forse, si ravvede la trasposizione più originale in quanto calata in un immaginario sado-masochistico che attualizza il portato profetico. Da una tappa all’altra, a volte, vi è un accompagnamento musicale (sempre molto pertinente e puntuale) che rende più fluido il peregrinare tra ‘stazioni’ e crea un filo sonoro che favorisce la continuità imago-emozionale. Purtroppo, questo accompagnamento è venuto meno tra la quinta e la sesta tappa.
Pur essendo gli interpreti diversi, tutti ben sposano il ruolo giovanneo – tranne l’attrice finale. Qui la voce femminile stona. A volte il ruolo impone un genere a un altro.
Abbiamo iniziato questa lunga ‘recensione’ con un rimando storico e così la chiuderemo. Il 28 giugno 1961, Mario Missiroli firmava la regia di Tornate a Cristo, con paura – una composizione drammatica di laudi perugine medievali nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano. La parola si faceva carne abitando un luogo che era scenografia ideale per quel contenuto/forma. Quale migliore scelta per il viaggio ispirato (o lisergico) di Giovanni di quel giardino mediceo che è stato teatro della nostra storia umana, intessuta ogni giorno di apocalissi tragiche e voli pindarici?
Lo spettacolo è andato in scena:
Giardino di Boboli
Piazza de’ Pitti, 1 – Firenze
mercoledì 27 settembre 2023, ore 14.00
Elsinor / Associazione Archètipo e Gallerie degli Uffizi presentano:
Apocalisse a Boboli. Visioni dal libro di Giovanni
regia Riccardo Massai
attori: Stefano Braschi, Francesca Ciocchetti, Amerigo Fontani, Fabio Mascagni, Danilo Nigrelli e Marco Toloni
venerdì, 6 ottobre 2023
In copertina: I giardini di Boboli (foto gentilmente fornita dall’Ufficio stampa di Elsinor)