
Quando dio padre e famiglia erano le basi del regime
di Simona Maria Frigerio e Luciano Uggè
Il 13 dicembre abbiamo assistito alla filata, prima del debutto al Teatro Vittoria di Cascine di Buti, di una stringatissima riduzione della tragedia pastorale di D’Annunzio, a opera di Dario Marconcini – che riesce a conservarne il ritmo musicale, ne rispetta il verso e ne restituisce tutti i passaggi salienti.
In un Abruzzo arcaico, più che pastorale, intriso in un onirismo che si tinge di dramma religioso – ove fanno la loro parte costumi ancestrali e superstizioni – si dipana la vicenda di una donna, una cosiddetta ‘strega’, la figlia del ‘mago’ Iorio, appunto, non dissimile da una Gostanza da Libbiano o da una Lidia, masca piemontese.
Molti sono i tratti che incuriosiscono in questo testo, se riletto nel presente che stiamo vivendo. Pensiamo ai casi di femminicidio della nostra storia recente e a come certi filoni femministi abbiano voluto puntare il dito contro il patriarcato: basta vedere questo spettacolo per capire come il patriarcato sia morto e nulla abbia a che vedere con gli attuali casi di cronaca. Il figlio che non poteva alzare la mano contro il padre è l’emblema di quella sudditanza che Gavino Ledda e, poi, i fratelli Taviani ci hanno così ben restituito.
Qui, al contrario, sono le donne le prime a voler ardere la strega e anche questo tassello andrebbe considerato. Così come è evidente la paura del diverso, dello straniero, di ciò che non si conforma e resta indomito perfino di fronte al rogo (icastica, in questo senso, ed esteticamente bella la scena di chiusura dello spettacolo).
E ancora, in tempi in cui si discute delle dodici ore scolastiche di ‘educazione all’affettività’, basta assistere a La figlia di Iorio per capire come le arti (della scena ma anche le opere letterarie, la musica, la storia, il cinema e perfino la pittura o il diritto) siano strumenti ben più affilati per incidere nelle menti degli studenti, in grado di sollecitare emozioni, riflessioni, critiche e l’apertura di un dialogo serio – in classe come in famiglia – meglio di qualsiasi retorica lezioncina impartita dalla volontaria di turno.
Tornando allo spettacolo, perfetta come sempre Giovanna Daddi, decisamente in parte Maria Bacci Pasello, ben coordinate Irene Falconcini e Francesca Galli. Appropriato l’accompagnamento con la fisarmonica dal vivo. Costumi azzeccati. Peccato che Aligi indulgi troppo all’enfasi.
La figlia di Iorio
Tragedia pastorale di Gabriele D’Annunzio
riduzione, drammaturgia e regia di Dario Marconcini
con Maria Bacci Pasello, Leonardo Greco, Giovanna Daddi, Gianni Buscarino, Enrico Pelosini, Fabio Bartolomei, Irene Falconcini e Francesca Galli
costumi a cura di Giovanna Daddi
allestimento Riccardo Gargiulo e Maria Cristina Fresia
tecnico Cesare Galli
produzione Ass.ne Teatro Buti
venerdì, 2 febbraio 2024
In copertina: La figlia di Iorio di Francesco Paolo Michetti, immagine di pubblico dominio