
Lo stesso fatto: letture agli antipodi
di Luciano Uggè (traduzioni di Simona Maria Frigerio)
I golpe quando accadono in America Latina o in Paesi Nord Africani sono legittimati dalla stampa occidentale, quasi sempre, come rivoluzioni popolari di matrice democratica.
Quando, però, si attuano in un Paese considerato democratico, la narrazione si complica. Vediamo in breve come è stato descritto il cosiddetto assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 a Washington. E poi facciamo qualche raffronto con la marcia di Prigozhin e di alcuni mercenari della Wagner verso Mosca. Il tutto ci servirà a capire perché la possibile esplosione della Centrale nucleare di Zaporozhye dovrebbe porci dubbi.
Per CNN, i fatti avvenuti a seguito dell’elezione di Joe Biden a Presidente, furono titolati come un “Assalto alla Democrazia”, mentre è interessante notare che il New York Times si soffermasse a “decodificare i simboli dell’estrema destra” dei rivoltosi (che, al contrario, non sembrano disturbare i colleghi se indossati dagli Azov o da membri dell’establishment ucraino, sic!). Anche American Oversight denunciava l’attacco alla democrazia oltre che alle “norme di legge”. Il Washington Post puntava il dito contro gli atti vandalici e addirittura usava il termine “profanazione” riferendosi ai danni al palazzo del Congresso statunitense, ossia a un edificio civile (sebbene non ci pare di aver letto accuse altrettanto veementi contro le persecuzioni nei confronti del ceto ortodosso russo in Ucraina). Good morning America scriveva di un attacco “contro uno dei luoghi più venerati” degli States, mentre la più pragmatica Reuters puntualizzava che il costo dei danni causati a Capitol Hill sarebbe ammontato a 1,5 milioni di dollari.
E adesso passiamo alle descrizioni del tentativo di rivolta svoltosi il 24 giugno di quest’anno nella Federazione Russa – che rimane nebuloso, al momento, sia riguardo ai fini sia ai moventi, viste le dichiarazioni contraddittorie rilasciate dal proprietario della Wagner, Evgenij Prigozhin (sulle quali torneremo solo quando la situazione si sarà chiarita e non esprimeremo sterili opinioni personali).
Interessante come il NYT titoli il suo editoriale a caldo: “La bestia di Putin adesso potrebbe divorarlo”. E qui si nota, immediatamente, come il proprietario della Wagner non sia nemmeno considerato umano, bensì alla stregua di un animale feroce che potrebbe sbranare il suo proprietario. Siamo di fronte a un Danny the Dog condito con una dose di russofobia o, più banalmente, razzismo verso le popolazioni slave che, da oltre settant’anni (ma forse dagli anni 20 del Novecento), contraddistingue gli anglosassoni.
La CNN, al contrario, rivela fatti più interessanti senza porsi la domanda capitale. Ossia afferma che “l’intelligence statunitense sapeva del tentativo di insurrezione di Prigozhin ma ha tenuto i piani segreti”. Tali informazioni sarebbero state condivise solo con “alleati selezionati” come gli alti livelli britannici, alcuni membri del Congresso statunitense ma non tutti gli Stati della Nato. La spiegazione sarebbe “che se avessero fatto altrimenti, gli States avrebbero rischiato di compromettere fonti e metodi estremamente sensibili” – dal caso Snowden o Pierucci in avanti, almeno i metodi sono ormai noti (1). Ma non solo. Nemmeno Kyiv sarebbe stata informata in anticipo (il che pare strano vista l’importanza che avrebbe avuto tale notizia per la famosa controffensiva ucraina – sempre che si voglia la sua vittoria e non semplicemente la continuazione della carneficina). Secondo CNN, “la ragione principale” di tale silenzio era che Washington temeva che “le conversazioni fossero intercettate dagli avversari”. Il Paese che spia teme le spie di altri Paesi… e ammette di avere degli avversari. Ma chi sarebbero? I russi, si suppone. Eppure gli States non sono ufficialmente in guerra contro la Russia. E la domanda capitale è un’altra: se uno Stato cosiddetto democratico è a conoscenza dei preparativi di un golpe in un altro Stato, oltretutto altrettanto democratico (visto che Presidente e Duma in Russia sono eletti dal popolo a differenza, ad esempio, della Commissione Europea), non dovrebbero avvertirlo?
Dall’affaire golpe all’affaire Zaporizhzhia
Tutto quanto abbiamo scritto finora ci dà l’idea di come, di fronte a un medesimo fatto (un tentativo di colpo di Stato), la trattazione e il giudizio possano essere diametralmente opposti a seconda del luogo in cui accade. Non stiamo rivelando alcun segreto. Ma a questo punto dovremmo preoccuparci un po’ di più rispetto a come la stampa mainstream tratti da mesi il problema della Centrale nucleare di Zaporizhzhia – la maggiore in Europa, occupata dall’esercito russo e che gli ucraini bombardano a fasi alterne.
I nostri massmedia tacciono al riguardo o, al contrario, portano avanti narrazioni abbastanza fantasiose, accusando l’esercito russo dei bombardamenti contro le proprie truppe ‘occupanti’ (sic!).
Dato che non abbiamo alcuna prova dell’autolesionismo del popolo e dell’esercito russo, leggiamo quanto ha dichiarato il Presidente Zelensky non più tardi di sabato 1° luglio, come riporta Reuters: una “minaccia seria” proverrebbe dall’impianto – non in quanto privato, in parte, dell’acqua della Diga di Nova Kakhovka, bensì perché “la Russia sarebbe «tecnicamente pronta» a provocare un’esplosione localizzata nell’impianto, che porterebbe a un’emissione di radiazioni”. Zelensky avrebbe citato come fonte dell’informazione l’intelligence ucraina, durante la conferenza stampa tenutasi in occasione della visita del Primo Ministro spagnolo, Pedro Sanchez.
Tale dichiarazione, che dovrebbe far tremare l’intera Europa e, in primis, i russofoni del Donbass, è stata largamente ripresa dalla stampa, mentre meno interesse ha suscitato l’affermazione del Direttore Generale della IAEA, Rafael Mariano Grossi, datata 30 giugno 2023 (2), che: “gli esperti non hanno finora trovato indizi visibili di mine o altri esplosivi nell’impianto nucleare di Zaporizhzhia” e che continueranno la visita – con relative indagini.
Dall’altra parte, Sputnik Globe riporta la dichiarazione di Renat Karchaa, consigliere del Direttore Generale di Rosenergoatom, il quale affermerebbe che, visto che la “controffensiva” ucraina ha esaurito le forze… e “dato che l’Occidente ha alzato l’asticella al punto che la disfatta di Kyiv sarebbe la propria, «gli aggressivi politici occidentali» stanno rimuginando azioni drastiche, come una false flag all’impianto nucleare di Zaporozhye che causerebbe un «incidente nucleare» a creerebbe un pretesto per l’intervento diretto della Nato nel conflitto in Ucraina”.
Dopo le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein; dopo i bombardamenti su Belgrado; dopo la ‘svista’ sulla presenza di Osama bin Laden in Afghanistan; dopo il mezzo milione di bambini uccisi dalle sanzioni occidentali in Iraq; dopo la destabilizzazione della Libia e del Nord Africa, percorso dalle cosiddette ‘primavere arabe’; dopo l’accaparramento dei pozzi petroliferi in Siria; dopo la sequela di tentativi di colpi di Stato in America Latina e dopo aver constatato come agisce l’intelligence statunitense e come i principi dell’Occidente siano saldi finché non diventano fluttuanti – a seconda delle convenienze – non dovremmo cominciare a preoccuparci?
venerdì, 7 luglio 2023
In copertina: Foto di Markus Distelrath da Pixabay