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Da: I racconti di Rinascita
di Simona Maria Frigerio
Arriva un giorno nella tua vita in cui è il vuoto. Tra passato e futuro si estende una lingua di terreno brullo disseminato di speranze irrealizzate e rimpianti irranciditi e tu vai a dormire non pensando più che il domani porterà stupori ma solo che, dormendo, potrai dimenticare di esserci in quella landa desolata, che è la tua vita di silenzi intessuti fra parole abortite e pensieri sepolti.
E poi ti ritrovi a nuotare – e non è il solito pantano né la piscina con l’acqua talmente bassa che ti ritrovi a muovere braccia e gambe sul fondo senza procedere di un millimetro, incollato alla plastica azzurra come un neonato steso sulla pancia, nella tinozza del bagnetto.
Stai nuotando nell’acqua alta, questa volta, trasparente come quella della vasca da bagno o dei Coral Garden di Amed, con riflessi azzurrini acuiti dalla sensazione di freddo che emana il liquido. Quasi fossi immersa in un mare glaciale, che ti obbliga a indossare una muta intera, ma talmente aderente che la avverti come una seconda pelle, liscia al tatto, e sulla quale l’acqua scorre senza tangerti, senza riuscire ad attraversare quella barriera tra il tuo corpo riscaldato dal movimento fluido e regolare e quel liquido viscoso e trasparente che ti separa e ricongiunge a tutto ciò che ti circonda. Anche le mani, i piedi e la testa, nonostante siano scoperti, non sentono né comunicano il freddo circostante, che è tangibile eppure distante, reale eppure impercettibile.
E mentre nuoti ti accorgi di sfilare tra alti isolotti, conici, vulcanici, neri come ossidiana e altrettanto lisci, sui quali si riflettono raggi taglienti di un sole bianco e freddo. Osservi silenziosa l’intera scena dall’alto. Partecipandovi consapevolmente eppure restandone distante come l’occhio di un dio minore, che non sa che farsene dell’onniscienza se non può salvare il mondo, anzi, non può salvare nemmeno se stesso dall’oblio.
Sotto di te, a parecchi metri dal tuo corpo che nuota con ritmo costante, sbocciano enormi impronte (di un gigante?), che sono fiorite in coralli multicolori ed erba lussureggiante e folte verzure sottomarine. Vi è uno scambio quasi osmotico tra aria e acqua, creature del mare e fiori di quel giardino segreto che, da bambina, concupivi ed eri certa che un giorno avresti posseduto in tutto il suo magnificente e remoto isolamento.
D’un tratto ti accorgi di quanto sia profondo il mare, quanto distanti gli isolotti intorno a te, quanti metri cubi d’acqua ti separino dalle gigantesche orme di coralli. Eppure non ti assale la paura né l’angoscia perché stai nuotando (finalmente) sola nell’acqua alta. E non provi il menomo fastidio perché l’acqua è freddissima. Tutto appare come doveva essere.
E intorno a te scorrono a pelo d’acqua teschi bianchissimi, che paiono tirati a lucido, splendenti sotto quei raggi bianchi di un sole che pervade ogni anfratto, rendendo l’ombra impossibile: eppure non riscalda né l’aria, che resta tersa, né il mare, che persiste glaciale. E tu osservi quei teschi, dall’alto, tra i quali scivola controcorrente il tuo corpo flessuoso, schivandoli senza nemmeno porsi il problema di se e come farlo. E pensi, e sai che sono i teschi dell’umanità. Tu risali la corrente, come salmone verso l’ultima stanza, senza sforzo, senza tema. Mentre i teschi seguono la corrente, ignari, ignavi.
E d’un tratto ti chiedi dove sia finito il sole. Perché non lo vedi ma tutto è luce. Tutto è finalmente cristallino. Compresa te.
I racconti precedenti per chi se li fosse persi:
(© Simona Maria Frigerio, 2023, tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione anche solo parziale)
venerdì, 2 febbraio 2024
In copertina: Foto di Simona M. Frigerio (particolare)