
Quando un album sembra scritto ieri…
di Simona Maria Frigerio
Da metà aprile Piero Pelù ha dato il via a Il ritorno del diablo, il tour per i 35 anni dall’uscita dell’album omonimo – il quarto in studio dei Litfiba, pubblicato il 19 novembre 1990 dalla CGD e che ha reso la band famosa. Testi e musiche erano firmati da Piero Pelù e Ghigo Renzulli.
Al tour partecipano, oltre a Pelù, Amudi Safa (alla chitarra), Luca Martelli ‘Mitraglia’ (alla batteria), Max Gelsi ‘Sigel’ (al basso) e, ospite speciale, Antonio Aiazzi, ‘il Don’, alle tastiere nei brani del repertorio dei Litfiba.
Ma non è tanto il ritorno sul palco di Piero Pelù – del quale parlano già le riviste musicali – che ci interessa, quanto quei testi che, riascoltati oggi, continuare a graffiare, urticare, incidere in profondità in un Paese e in un presente sempre più distopici.
Partiamo da Il Diablo: “Il paradiso è un’astuta bugia / Tutta la vita è una grassa bugia” e più oltre: “Tutta la storia è una grassa bugia / Tutte le vite per primo la mia”. Come non guardarsi intorno e rendersi conto che la storia è semplicemente quella scritta dai vincitori? Gli statunitensi liberano Auschwitz, l’Occidente si indigna se muore qualche civile a Sumy ma, nel frattempo, nessuno si preoccupa di quelli di Belgorod (bombardati un giorno sì e uno anche); o delle migliaia di bambini trucidati con le nostre armi a Gaza e in Yemen; o delle minoranze alawite di cui il regime di un ex terrorista islamista si sta sbarazzando in Siria. Ormai le bugie, a forza di essere martellate da notiziari che sono più vicini alle veline del MinCulPop che a qualsiasi quotidiano di informazione, cominciano a parere vere: obnubilano la realtà e creano una narrazione alternativa che appare vera semplicemente perché, come scrisse Goebbels: “Gli inglesi seguono il principio secondo cui se menti, menti completamente, e soprattutto resta coerente con la tua menzogna!”.
In Siamo umani, Pelù canta: “Vedemmo Pancho Villa / E la rivoluzione / Ci disse non è morta / Ci sono nuove idee / Siamo umani, siamo umani / Non può andare così”. E più oltre: “Lo so non è progresso / Ma è un’orgia di idiozia” e “La tua forza è nelle idee / C’è una sola strategia è di sapere sempre più, ah ah / E la tua rivoluzione comincerà così, yeah”. La rivoluzione della mia generazione è finita nel 2001 a Genova, ma quelle idee contro la globalizzazione, gli Ogm, lo sfruttamento delle risorse umane e naturali, sono più attuali che mai. Purtroppo non sembra che ci sia una generazione che voglia raccoglierle e le stesse si sono trasformate nell’ancora di salvataggio dell’egemonia a Stelle e Strisce o, peggio, in un greenwashing che serve a giustificare il progressivo, irreversibile impoverimento della popolazione dell’Unione Europea – in favore della Case farmaceutiche, prima, dei produttori di armi, oggi. E per permetterlo, il potere ha capito che bisogna evitare che noi si sappia quanto sta accadendo davvero, che le idee ‘sovversive’ si formino nel nostro cervello in base a dati e fatti che ci devono essere occultati. Non siamo più cittadini pensanti, con capacità critica, bensì bambini da educare e proteggere dalla disinformazione e da fake news. Mentre l’università ha abdicato al suo ruolo di apertura della mente e costruzione di metodi di analisi e sintesi, dato che ci renderebbero soggetti non malleabili, invece di docili strumenti per un capitalismo transnazionale sempre più vorace e biecamente finanziario.
Altrettanto attuale Woda-Woda (water: l’acqua fonte di vita, l’oro trasparente del XXI° secolo): “L’eco del suo nome / Woda woda / 1000 bocche 1000 mani / Schiave di razza / Aggrappate ad una goccia / Di elemosina / Non serve pagare / La pelle fa male / Ruba ruba l’uomo bianco / Se ne è andato via”. Il Sahel sembra essersi liberato finalmente dalla neo-colonizzazione francese ma la strada da percorrere è lunga ed è facile per l’Occidente comprare giovani dittatori che prendano il posto di quelli appena spodestati. Finisce la presenza militare di Parigi nell’ex Françafrique, titolano i media, dimostrando persino in quel termine ‘Françafrique’ come le Petit Roi e i suoi precedenti omologhi abbiano sempre considerato popolazioni e Paesi formalmente sovrani. Del resto, secondo i dati dell’Unicef, “nel mondo, 2 miliardi di persone non hanno acqua sicura da bere e 3,6 miliardi di persone – quasi la metà della popolazione mondiale – utilizza servizi igienici che lasciano i rifiuti umani non trattati”. Ma noi come aiutiamo Gaza? Distribuiamo il vaccino Sabin che, contenendo un virus vivo attenuato che si replica a livello intestinale, si può trovare nelle feci delle persone appena vaccinate e finire nelle acque reflue. E torniamo al dato riportato più sopra: laddove l’acqua potabile non è sicura, cosa ingerirà la popolazione? Come ha dimostrato il Covax, se c’è un continente che non ha bisogno dell’elemosina dell’Oms e dell’‘uomo bianco’ è l’Africa – con corollario di Medio oriente.
E passiamo a Ragazzo: “Io vorrei sapere / Chi governa il mondo / E cosa gli direbbe / Uno che è senza lavoro / Vorrei sapere / Come si fa a cadere / E come puoi risalire / Senza farti male / Sono un ragazzo / Ricordatevi che esisto / Sono il re del Nulla / Mentre il Nulla ruba i migliori”. Con una disoccupazione o sotto-occupazione che, soprattutto in Italia, miete tra le generazioni più giovani (ma, tanto, nel nostro Paese c’è ancora la famiglia a provvedere: assicurando paghetta, casetta e cellulare di ultima generazione in comode rate mensili), a chi governa il mondo non interessa nulla del disoccupato. Se per due decenni il capitalismo ancora produttivo ha creato una ricchezza spropositata, che ha allargato la forbice tra ricchi e masse, grazie alla delocalizzazione della produzione, sfruttando le risorse umane dei Paesi meno sviluppati tecnologicamente, ormai anche la produzione stessa è diventata superflua e obsoleta. Quegli stessi capitalisti transnazionali si sono trasformati in un’élite finanziaria che utilizza vari strumenti per arricchirsi sebbene aziende e servizi languiscano o falliscano. Dal buyback ai paradisi fiscali per le sedi legali (di multinazionali che, poi, quando hanno bisogno di aiuti di Stato si ricordano di avere ancora qualche stabilimento nel tuo Paese) fino alle criptovalute – che, come ha dimostrato il cosiddetto cripto-gate di Milei in Argentina, arricchiscono i soliti noti mentre il popolo si ritroverà a dover pagare interessi e capitale del nuovo prestito chiesto dallo stesso Presidente al Fondo Monetario Internazionale, imponendo l’austerity a vita agli argentini (per generazioni future).
Finiamo con Resisti: “E voglio andare nel modo più perso / Per sognare il mondo all’inverso / L’onorevole dice che ora vuol progredire / Nelle case le strade le piazze e ora qua / E noi siamo ancora qui a farlo dannare / La nostra resistenza sono i guai / Così io lo dico / Rifarei tutto / E qua posso dirlo / Ne farei di più”. La Resistenza in Italia aveva un preciso significato. Un significato che fu lo sprone di uno sparuto gruppo di uomini e donne – 150.000 i partigiani, secondo l’ANPI, molti meno secondo altre fonti. Su decine di milioni di italiani fascisti o qualunquisti, davvero una manciata. E lo si è visto dopo la fine della Seconda guerra mondiale. I fascisti sono rimasti al loro posto: nelle scuole, nei ministeri, perfino – cambiando nome – sugli scranni parlamentari. Le piazze si sono riempite in passato e le hanno svuotate a suon di bombe. Oggi basta manganellare un vecchio di Rifondazione comunista o qualche studente universitario che gira con la kefiah. E sono ben pochi quelli che rifarebbero tutto perché è più comodo seguire la scia, essere tra gli invitati di Davos, inneggiare al riarmo e stringere la mano a una non eletta che acquista sieri sperimentali via whatsapp. Quanti siamo rimasti a resistere? Contiamoci.
“Ma la speranza è l’ultima a morire Chi visse sperando morì, non si può dire”*.
* Gioconda
venerdì, 16 maggio 2025
In copertina: La copertina di El Diablo, il singolo dei Litfiba estratto dall’album omonimo