
Concettualizzazione e appercezione
di Simona Maria Frigerio
Il confine, la bandiera, lo steccato, la (de)limitazione, le frontiere: in Untitled (ricamo su tessuto, 2025), Shilpa Gupta propone subito il cuore concettuale intorno al quale ha lavorato negli ultimi anni, utilizzando media e materiali differenti. Basti pensare alla tenuta di un filo da cucito che come può (nella realtà e metaforicamente) collegare due parti, così può costringerle; e nel contempo, nella sua fragilità e malleabilità, è paragonabile a una corda di violino che vibra e risuona in questo nostro universo sempre più ovattato e ottuso.
Accanto, cambiando mezzo espressivo (e su questo torneremo), in mostra, il video Untitled (Thread) del 2012, che ritrae una mano mentre estrae dal terreno un altro filo, questa volta bianco, e che pare infinito – quasi a esprimere l’inutilità di quei fili spinati, muri e frontiere che continuiamo incessantemente a erigere ma che non possono suddividere questa Terra che tutti compartecipiamo e di cui siamo tutti responsabili.
Un semplice e sottile tubolare di rame, in Map tracing #9-IT (2023), rappresenta il nostro stivale. Curiosamente, però, proprio il suo essere sospeso nello spazio, semi-galleggiante nell’etere, regala visioni di alterità inattese: Italia, Africa o persino l’isola che non c’è raccontata da Umberto Eco in Costruire il nemico. E altri scritti occasionali.
Due testi ufficiali del 1999 e del 1921, ovvero di epoca democratica o ancora del periodo in cui dominava l’Impero britannico, servono da base per un’opera, Nothing will go on record (stampa su carta, 2015), in cui la denuncia di Gupta – espressa attraverso frasi stampate e abrase – è verso uno Stato colonialista o post-coloniale (indifferentemente) in cui il potere oblitera la violenza del sistema contro i suoi oppositori (e del resto dalle caste alle persecuzioni dei musulmani non si può dire che l’India moderna sia un esempio fulgido di rispetto verso l’altro da sé).
Cambiando nuovamente media, ecco un motion flapboard proporre un componimento di Gupta, Sound on my skin (2024/2025). Attraverso uno strumento che, di solito, ci informa della partenza o dell’arrivo di treni e aerei, restiamo impigliati nella lancetta sospesa, nella parola volutamente sgrammaticata per riconquistare il tempo perduto che altri ritrovò in una Madeleine…
Meno convincente la scelta del neon à la Merz per 2652 (del 2010) a indicare il numero dei passi che intercorrono tra la Moschea di al-Aqsa, la Chiesa della Resurrezione e il Muro del Pianto a Gerusalemme. Forse un video che avesse immortalato quei passi sarebbe stato più incisivo nel rendere la prossimità dei tre luoghi, simbolo delle religioni monoteiste – come lo furono i ‘cento passi’ percorsi da Peppino Impastato nel film di Marco Tullio Giordana tra la propria abitazione e quella del mandante del suo assassinio, Tano Badalamenti. Il semplice numero che, se non è spiegato da una didascalia, non comunica alcun significato all’osservatore mostra il limite dell’arte concettuale: l’incapacità di arrivare istintivamente, emotivamente, esteticamente. Serve davvero conoscere le motivazioni e/o la poetica dietro a un’opera d’arte? Nessuno ha bisogno di sapere ciò che accadde a Guernica: basta osservare il capolavoro di Picasso anche solo per una manciata di secondi per commuoversi – ricordo che io scoppiai a piangere.
Chiudiamo la personale di Gupta sul concetto di inconsistenza di un’unica verità. Il salone dell’ex cinema/teatro che ospita Galleria Continua è occupato interamente dall’installazione Truth (2022/25). Sicuramente interessanti queste 5 lettere giganti sparse a terra come se un dio minore avesse perso e, perdendo, avesse deciso di spazzar via il castello di carte o le tessere dello scarabeo. Eppure anche qui si sente una mancanza, quella della rielaborazione estetica dell’artista. Le lettere avrebbero potuto avere una disposizione tale da essere lette, ad esempio dalla balconata? O anagrammate, fornendo un senso diverso eppure urticante: truths/thrust. O ancora, sarebbero potute essere dipinte in maniera tale da restituire, a seconda delle angolature, sfumature diverse che il nostro occhio della mente avrebbe potuto ricomporre, avvertendo ancora di più la labilità di una qualsiasi verità in un mondo in continuo divenire?
Il secondo artista in mostra: Arcangelo Sassolino
Poco distante, in piazza della Cisterna, espone in un altro spazio di Galleria Continua, Arcangelo Sassolino con la personale Present tense e tre opere del 2025, ovvero l’omonima, The Constant matter e No memory without loss. Per descriverle si può, sintetizzando, parlare di cerchi in acciaio, alimentati da un olio industriale colorato che cola a gocce sulle lastre mentre un sistema elettrico permette a questi dischi del diametro anche di alcuni metri di girare lentamente ma perennemente. A mano a mano che il disco si ricopre di questo colore insieme materico e delicato, le forme che si corrugano sullo stesso sembra quasi costruiscano spessori simili a quelli terrestri o lunari (o di marte, se si osserva la seconda opera di un rosso cupo e carico): le montagne si innalzano e poi si sgretolano, trasformandosi in soffici granelli di sabbia trasportati da gocce – impetuose come torrenti o placide ma erosive come i fiumi nelle vallate di origine glaciale. La sensazione che restituiscono queste tre opere è quella della fugacità e unicità dell’attimo presente, che non è mai stato né si ripeterà nello stesso identico modo – come la storia (personale o collettiva). Ma anche di un eterno divenire, indipendente dalla nostra volontà e affascinante – quasi ipnotico – proprio perché libero dai vincoli e dalle regole umane.
Questa medesima fragilità di un tempo sospeso (come quello che stiamo tristemente vivendo) è ben rappresentato anche da La forma dell’attesa (bottiglia di vetro e blocco di acciaio da 300 kg, 2025) e Impartial silence (blocco di granito, barattolo di vetro e acciaio, 2025): objets assemblés scelti per mettere in discussione la nostra stessa idea di forza e resistenza, quasi una rivolta contro l’idea imperante di un machismo da testosterone che ormai ha conquistato anche il pensiero della differenza. Perché non potrebbe essere proprio l’anello debole quello che, facendo cadere il castello di carte dei potenti, scompagina il gioco e rivoluziona un mo(n)do di produzione e consumo vorace e parassitario? L’arte di Sassolino ha la capacità si suggerire una concettualizzazione istantanea e personale, vibrante, senza bisogno di spiegazioni addizionali. Forse l’interpretazione personale può coincidere o meno con la volontà espressiva autorale ma non importa, ciò che importa è che qualcosa scorre tra artista e spettatore, un fluido empatico che è indispensabile nel mondo delle arti, sia esso poetico, musicale o ‘figurativo’.
All’Arco dei Becci la minutaglia onirica di José Londoño
Torna un artista caro a Continua con un nuovo ‘diario’ di minuti disegni coi quali ha rappresentato iconograficamente i pensieri e le ossessioni dei suoi studenti.
Minuziosi incisioni di volti, corpi e animali fantastici si susseguono esprimendo stilemi e passioni ma, tra i tanti fogli di taccuino (tutti numerati e ognuno appartenente a una diversa giornata della sua vita), colpiscono alcuni alberi collegati da un semplice filo che rappresenta il propagarsi di un incendio: le fiamme che lambendo un ramo possono allungarsi in lingue di fuoco e afferrerare nelle proprie fauci la pianta vicina. Tra i tanti disegni, schizzi e stampe questa ci ha particolarmente colpiti perché torna il filo, come in Gupta, ma qui il suo concetto va oltre il materiale e la sua trasposizione concettuale per trasformarsi in metafora di morte. Il fuoco respira – dicono piromani e pompieri – è vivo, si muove, vibra di luce propria e avviluppa. Per tutte queste ragioni nasce il cortocircuito quando lo si vede rappresentato da un semplice filo di cotone, un oggetto di uso quotidiano che dovrebbe riparare, ricucire…
L’arte suscita sempre pensieri ‘strani’, forse per questo non sarà mai veramente amata dal potere se non quando encomiastica o propagandistica e, in quel caso, non sarà arte.
Le mostre continuano:
Galleria Continua
San Gimignano, varie location
fino a domenica 7 settembre 2025
orari: da lunedì a domenica, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00
per prenotare una visita, scrivere a sangimignano@galleriacontinua.com
via del Castello, 11
Shilpa Gupta
retrospettiva
piazza della Cisterna
Arcangelo Sassolino presenta:
Present tense
Arco dei Becci
José Londoño presenta:
Drawing by numbers
https://www.galleriacontinua.com/exhibitions-list-pictures/current/san-gimignano
venerdì, 27 giugno 2025
In copertina: Arcangelo Sassolino, Present tense, vista della mostra, Galleria Continua San Gimignano, 2025. Foto: Ela Bialkowska, OKNO Studio